giovedì 1 gennaio 2009

LIRICHE dei Migranti di Pino De Stasio

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E’ accecante quel luogo
orfano di verde
di costa accurata geografia pietrosa
impatta il mare
muove con pigro beccheggio tra l’Africa e L’Europa
spianate e scogli
assolate pesanti ancora di miraggi
sedimenti si aggiungono a basalti
risalgono su per la fornace
nascosto imbuto fluente viscera abissale
vorrei su quel monte
il più alto
urlare per quei sordi idioti
che chiudono rinserrano in centri detentivi
uomini

*
questa notte a Lampedusa c'e' silenzio
appena mosso da marosi
che sfiorano i lineamenti densi dei migranti
assopiti da tanto sforzo del mattino
a dichiarare vergogna!
tra le coperte e i corpi abbandonati
materassi a spugna
e coperte di lana grossa militare sintetico calore
sogni muti che si alternano a lamenti
o sgorghi liquidi tra occhi
singhiozzi
e fugaci abbracci
un’aurora sottile leggera fugace luce
rischiara lentamente le labbra asciutte
e mai baciate


*
mi appoggio sullo scalino piu' basso
in attesa
freddo marmo lapide graffite
contemporaneo mosaico visivo
borsoni enormi al mio fianco.
sacche capienti contenitori del desiderio
quel volto scuro
stanco
tagliato
disegno primitivo e ligneo
sbarra occhi alla stanchezza
labbra all'arsura invernale
jeans rovinati dall'usura come pigiama notturno
in quella piccola stanza
gelida ma piena di respiri
bagnati umidi
i piedi toccano la notte
sorrido
desiderando una mano

*

eppure la notte non riscalda
nemmeno con la stufa
canna cordone ombelicale
stretti tra corpi
nodosi ebani africani
che composti in ordine costretto
si abbracciano come virgole d'amanti
lavoratori della terra o delle costruzioni
o dei metalli
il ferro poi la ghisa
con quelle dita
martello e vanga insieme
mattina su per la brina con passi forti
e l’alito caffe’
li vedo in fila
su panche finte e stelle che all’orizzonte
ardono in brillii di latta opaca
stretta di un bicchiere
ritrovato
ma non di vetro

*

ritornano a mangiare pasti svelti
qualche pane con pezzi di formaggio
dell'acqua chiara in bicchieri di fortuna
e’ anche pelle nera che si affaccia
su quel buco basso
che traccia in volto
la stanchezza e l’abbandono
le nuove baraccopoli
come luna park improvvisati
lungo corsi d'acqua bruni
fetori angusti per i canali marci
nelle periferie senza radici e senza fiori
le scuole fredde e gli intonaci umidicci
accolgono risa inconsapevoli
si scorge un cielo terso
abbagliante e limpido
che come sudario candido
avvolge i nuovi uomini
forse senza speranza

*

e' una catena lunga
avambracci gomiti e polsi
stretti come reti da pesca
losanghe a fuso
ancora tremanti dal freddo
qualche lamento grido
a ridosso di pezzi
resine bianche di scafi a punta
rotti dal peso
confusi arti
e vento che sferza le guance
che lacrimando
riempiono il mare
forse una nave
o qualche scialuppa
come terra promessa

pino de stasio




La trilogia dei Migranti ( ripresa e rielaborazione di scritti sulle morti nel Mediterraneo )

Vai verso un porto caldo
azzurro d'orizzonte africano
scalino estremo dove s'infrange l'odio
a poveri migranti
occhi pensosi
corpi avvolti da nera pelle
ora di plastica obitoriale
buttati per mare
come giacinti odorosi e bianchi
galleggianti cuscini di speranza
per gli oceani e i mari turchesi
muti nel silenzio dei flutti
notturni
e assolati
poi ossa.

II

Corpi di tiepida pelle
oscillano caldi di sole
rappresi in mani di fede
coperti di alghe serene
stridii in alti libecci
in eco d’alici scintille d’argento
volteggiano chiari in crani pelosi
quell’osso tra muscoli rosa
lividi sciolti
il globo dell’occhio assente nel vuoto che guarda
opaco fissare del mare
risucchi tra scogli e bitumi
impasti di sangue ormai bianco di sale
alcune decine di mani
rallentano il calmo ritmare del mare
misurate danze uguali per tutti
riportano corpi supini e rigonfi
in culle scure di acque profonde
la luna stanotte accarezza
furiosa matrigna
gli aliti impressi sui volti

III

sbarcano i migranti
alcuni in tute bianche
cordone sanitario obbligatorio
accolti come nuova peste
su spalle spaziose luoghi dell’abbraccio
e dell’amore tolto
pianure nel ricordo
eppure fertili
coste
e poi il deserto
che ora e’ mare
sfavillante catino
terribile invaso
nascondi geloso
nelle tue profonde
sabbiose fosse
falangi rosa e paguri ricurvi


napoli 31 marzo 2008 ( in ricordo dei migranti morti in mare ieri sera )

pino de stasio



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NON PIU' ODIO
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resta la cenere come
sagoma oscura
la limitazione visiva
di un corpo violato
fiammme infernali
sull'asfato bitumoso
una pece calda
liquefatta
sulla povera pelle
mescolata
a sangue e albumine
quattro cinque uomini
dell'ombra
riversano benzina
solvente purificatorio
sull'uomo
su loro stessi
supplizio
di una vita stanca
cecita' dei loro colori.
linguaggi muti
non comprensibili
nelle loro mani
sopra le unghie tagliate
forse
tracce di vita.


Pino De Stasio
12 febbraio 2009
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.........................tragedia in mare ..........
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Nella notte di sabato 28 marzo alcune centinaia di migranti hanno perso la vita nelle acque di quello che ormai dovrebbe esser ribattezzato come il Canale della Morte.
Erano partiti dalle coste libiche in gran numero affrontando un mare spietato, spinti a raggiungere quanto prima le coste italiane, prima che il 15 maggio entri in vigore il Trattato Italia-Libia sul pattugliamento delle coste e dei confini terrestri libici.

Si tratta dell'ennesimo naufragio che ha nelle politiche rapaci del modello neoliberista, nei firmatari e sostenitori del trattato di Schengen, nelle politiche razziste e ciniche degli ultimi governi di destra e centro-sinistra i suoi massimi responsabili. Responsabili che, se le vittime fossero esseri umani, meriterebbero di esser condotti davanti al Tribunale Penale Internazionale per crimini contro l'umanità. Ma niente paura, è solo una strage di migranti, esseri senza speranza, invisibili ai più e che già domani saranno gettati dal mare al dimenticatoio dell'insensibile indifferenza della società.

Perché mai considerare quei migranti come degli esseri umani che scappano da condizioni disumane alla ricerca di un futuro più dignitoso, invece di considerarli per quello che oggettivamente sono: incontrollabili macchine in esubero, invasori importuni di notti mondane di gente perbene.

Perché mai continuare a vedere in loro il riflesso della nostra umanità quando invece non sono altro che mammiferi, che per cause ancora sconosciute, si spiaggiano come delfini sulle coste di Lampedusa.

Perché mai indignarsi per quel che accade nel Canale di Sicilia quando in fin dei conti, questi migranti, se la sono cercata. Nessuno gli ha chiesto di venire!

Ma niente paura, sono solo migranti, esseri un po' barbari, che non avendo scelto dove nascere pretendono ora di scegliere dove vivere.

Niente paura, la nostra coscienza non continuerà a subire altri scossoni.

Niente paura, domani è tutto passato.

Vito Correddu