martedì 8 settembre 2009

i gommoni intercettati e respinti




DA UNA NOTA SU FACEBOOK di Giovanni Carullo

Le tante Novellara del nostro paese" di Riccardo Iacona -

UN ALTRO MODO DI RACCONTARE L'IMMIGRAZIONE
Molti di noi sono rimasti affascinati dal racconto della trasmissione di Iacona in riferimento alla realta' di Novellara. Diversi messaggi hanno provocatoriamente indicato nel Sindaco di Novellara il candidato ideale per la leadership del PD. Perche' non siamo abituati a sentire parlare di immigrati al di fuori dell'emergenza sicurezza, sempre in riferimento ad episodi di cronaca e di respingimenti. Invece c'e' un'altra realta' che deve essere raccontata e grazie a Riccardo Iacona e alla sua squadra abbiamo potuto "abbeverarci" ad una pagina di sana informazione, alimento sempre piu' raro nel panorama radiotelevisivo di questo paese.

Leggiamo queste parole di Riccardo Iacona a cui siamo grati per la intensa pagina di buona televisione.
E riflettiamo che, se Belusconi dice che non vuole un'Italia multietnica sta solo dicendo che pretende di fermare la storia.
Per il bene di tutti e' invece necessario tutt'altro rispetto alla politica della “faccia feroce” e del “finalmente cattivi”, che oltre ad essere poco efficace nel contenere veramente l’immigrazione clandestina, rischia di creare conflitti incontrollabili al nostro interno.
Giovanni Carullo

""Riccardo Iacona
Le tante Novellara del nostro paese

Ieri mi è arrivata una e-mail di protesta di un telespettatore: mi accusava di aver descritto una Novellara stile “Mulino Bianco”. Poi il pomeriggio sono stato ospite a Fahrenheit, la bellissima trasmissione di Radiotre ed è riuscita fuori, per tutt’altra strada, la stessa argomentazione: “Talmente siamo poco abituati a vedere gli aspetti positivi, le cose buone della presenza degli stranieri in Italia, che quelle scene sembravano finte. Che ne pensa Iacona?” – mi ha chiesto il conduttore. E ho risposto sì, che questo è precisamente il risultato dell’aver schiacciato il dibattito politico sull’immigrazione solo sul terreno militare, dell’aver trasformato la presenza degli stranieri quasi esclusivamente in una questione che riguarda la “sicurezza”: se di stranieri si parla solo e sempre così, i venti minuti di racconto della “normale integrazione” che abbiamo fatto a Novellara ti colpiscono come se fossero scene girate in un altro paese.

Eppure di “Novellara” ce ne sono centinaia in tutta Italia: basta entrare in qualsiasi scuola elementare di una grande città che vede la presenza di stranieri per rendersene conto; bambini stranieri e bambini italiani crescono insieme, arricchendosi l’uno con l’altro; le differenze sembrano improvvisamente annullarsi di fronte ad un processo di integrazione che è veloce e forte come la vita, e nel quale sono proprio i genitori stranieri ad investire di più . L’ho toccato con mano quando sono andato l’anno scorso a Bologna a raccontare le conseguenze della riforma Gelmini sulla scuola del tempo pieno: le mamme e i papà dei bambini stranieri non mancavano ad una riunione, ad un colloquio, ad una inziativa della scuola,un attaccamento anche commovente se pensiamo che spesso sono gli stessi figli ad insegnargli l’italiano che stanno imparando sui banchi delle elementari; gli stranieri hanno capito subito che la scuola è la porta principale per la quale passa l’integrazione e la promozione sociale dei loro figli e i loro figli fanno di tutto per essere all’altezza della scuola e delle aspettative dei genitori.

Ma è la stragrande maggioranza degli stranieri che vivono in Italia ad avere questa forte voglia di integrazione! Del resto come potrebbe essere altrimenti se i loro figli nascono e crescono nel nostro paese? Tutti gli stranieri, poi, aspirano a vivere in Italia con una piena cittadinanza che gli consenta, per esempio, di votare e di partecipare alla vita politica del paese.

Poi ci sono i delinquenti, anche quelli, che riempiono le carceri italiane. Quanto pesa l’una e l’altra considerazione? Sul piatto della bilancia del nostro futuro la quota di piccola e grande criminalità legata alla loro presenza può cancellare la forza straordinaria dell’integrazione , con tutta l’energia che si porta dietro, fatta di persone che lavorano, producono, assimilano il nostro modo di vivere e ci consegnano come un regalo i loro figli, i cittadini del futuro? Io penso di no. Perché la delinquenza si può combattere, se solo si vuole; la voglia di integrazione invece, una volta persa, è molto più difficile ricostruirla.

A Novellara non c’è stato tempo per riflettere: in meno di dieci anni si è passati da duecento stranieri a quasi duemila. Immaginate che rivoluzione in un paese di neanche dodicimila abitanti! Allora si son detti: lavoriamo in modo che tutti abbiano lo stesso accesso ai servizi, che siano trattati da cittadini come tutti gli altri e in cambio chiediamo rispetto delle regole e legalità.

Ha funzionato . Lo leggi negli occhi sorridenti delle ragazze e dei ragazzi che in pochi anni si sentono più italiani che pakistani o indiani. La politica della “faccia feroce”, del “finalmente cattivi”, oltre ad essere poco efficace nel contenere veramente l’immigrazione clandestina, rischia di creare conflitti al nostro interno e di spegnere quei sorrisi. Siamo sicuri che ci conviene?"

http://www.ilmanifesto.it/archivi/commento/anno/2009/mese/09/articolo/1397/


giovedì 14 maggio 2009

Pacchetto sicurezza ok della Camera

UN DISASTRO ANNUNCIATO............

Approvato il maxiemendamento
La Camera dei deputati ha approvato il maxiemendamento al ddl sicurezza in cui sono previste norme sull’immigrazione. Nel testo vengono introdotti il reato di immigrazione clandestina, il divieto di matrimonio per gli irregolari, il trattenimento fino a sei mesi nei centri di identificazione ed espulsione, il permesso a punti e il test di italiano per chi chiede la carta di soggiorno

Ecco le novità del ddl sul fronte immigrazione:

Matrimoni e cittadinanza italiana:
- La cittadinanza italiana si può ottenere per matrimonio e potrà essere richiesta, dopo due anni di residenza nel territorio dello Stato (dopo il matrimonio) o dopo tre anni nel caso in cui il coniuge si trovi all’estero;

- Tempi dimezzati in presenza di figli nati o adottati dalla coppia;
- Verrà introdotto un contributo di 200 euro sulle richieste di cittadinanza;

Niente più matrimoni tra irregolari, infatti, la modifica al Codice Civile prevede l’introduzione dell’obbligo di esibire il permesso di soggiorno per chi vuole contrarre matrimonio.

Ingresso e soggiorno irregolare:
-Con l’introduzione del reato di ingresso e soggiorno irregolare (non punito con il carcere), è’ prevista un’ammenda da 5.000 a 10.000 euro, con la possibilità di rimpatrio senza il rilascio del nulla osta da parte dell’autorità competente.

Favoreggiamento ingresso irregolare
- Inasprite tutte le norme legate al favoreggiamento dell’ingresso irregolare, ma non le sanzioni per quanto concerne gli sfruttatori.

Iscrizione anagrafica:
-Sarà richiesta per l’iscrizione o la variazione della residenza anagrafica, e la verifica da parte del Comune dell’idoneità dell’immobile in cui abitano.
- Per i ricongiungimenti familiari l’idoneità alloggiativa sarà rilasciata esclusivamente dal Comune.

Esibizione del permesso di soggiorno:
Sarà obbligatorio l’esibizione del permesso di soggorno per tutti gli atti di stato civile, (registrazioni di nascita o i riconoscimenti di figli naturali)

Centri di identificazione ed espulsione:
- Viene previsto il proungamento nei Cie fino 180 giorni

Divieto di espulsione e respingimento:
-Cade il diveto di espulsione per i conviventi con parenti italiani di terzo e quarto grado.


Visto d’ingresso per ricongiungimento familiare:
- Dopo 180 giorni dal perfezionamento dalla pratica non sarà più possibile richiedere il visto d’ingresso.

Permesso Ce di lungo periodo:
- Per l’ottenimento della carta di soggiorno è previsto il superamento di un test di lingua italiana.

Reati ostativi all’ingresso:
- Dovranno essere prese in considerazione anche le condanne non definitive.

Traferimento di denaro:
- Gli sportelli di money transfer avranno l’obbligo di fotocopiare il permesso di soggiorno degli stranieri e di conservarne copia per dieci anni e segnalare alle autorità quelli che ne sono privi.

Contributo per rilascio permesso di soggiorno:
- Si dovrà versare un contributo da 80 a 200 euro, per tutte le pratiche relative al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno.

Cancellazione anagrafica:
- Dopo sei mesi dalla data di scadenza del permesso di soggiorno è prevista la cancellazione anagrafica.

Registro per i senza fissa dimora:
- A cura del Ministero dell’Interno verà gestito un registro per la schedatura dei cosiddetti clochard.

Permesso di soggiorno a punti:
- Obbliga i cittadini stranieri a sottoscrivere un accordo di integrazione con un punteggio che crescerà o diminuirà in base al loro comportamento. I criteri e le modalità verranno stabiliti da un apposito regolamento. Chi esaurisce i punti, perderà il permesso e sarà espulso

mercoledì 13 maggio 2009

Lirica dei Migranti


mercoledì 1 aprile 2009 alle ore 7.43


e’ accecante quel luogo
orfano di verde
di costa accurata geografia pietrosa
impatta il mare
muove con pigro beccheggio tra l’Africa e L’Europa
spianate e scogli
assolate pesanti ancora di miraggi
sedimenti si aggiungono a basalti
risalgono su per la fornace
nascosto imbuto fluente viscera abissale
vorrei su quel monte
il più alto
urlare per quei sordi idioti
che chiudono rinserrano in centri detentivi
uomini

*
questa notte a Lampedusa c'e' silenzio
appena mosso da marosi
che sfiorano i lineamenti densi dei migranti
assopiti da tanto sforzo del mattino
a dichiarare vergogna!
tra le coperte e i corpi abbandonati
materassi a spugna
e coperte di lana grossa militare sintetico calore
sogni muti che si alternano a lamenti
o sgorghi liquidi tra occhi
singhiozzi
e fugaci abbracci
un’aurora sottile leggera fugace luce
rischiara lentamente le labbra asciutte
e mai baciate


*
mi appoggio sullo scalino piu' basso
in attesa
freddo marmo lapide graffite
contemporaneo mosaico visivo
borsoni enormi al mio fianco.
sacche capienti contenitori del desiderio
quel volto scuro
stanco
tagliato
disegno primitivo e ligneo
sbarra occhi alla stanchezza
labbra all'arsura invernale
jeans rovinati dall'usura come pigiama notturno
in quella piccola stanza
gelida ma piena di respiri
bagnati umidi
i piedi toccano la notte
sorrido
desiderando una mano

*

eppure la notte non riscalda
nemmeno con la stufa
canna cordone ombelicale
stretti tra corpi
nodosi ebani africani
che composti in ordine costretto
si abbracciano come virgole d'amanti
lavoratori della terra o delle costruzioni
o dei metalli
il ferro poi la ghisa
con quelle dita
martello e vanga insieme
mattina su per la brina con passi forti
e l’alito caffe’
li vedo in fila
su panche finte e stelle che all’orizzonte
ardono in brillii di latta opaca
stretta di un bicchiere
ritrovato
ma non di vetro

*

ritornano a mangiare pasti svelti
qualche pane con pezzi di formaggio
dell'acqua chiara in bicchieri di fortuna
e’ anche pelle nera che si affaccia
su quel buco basso
che traccia in volto
la stanchezza e l’abbandono
le nuove baraccopoli
come luna park improvvisati
lungo corsi d'acqua bruni
fetori angusti per i canali marci
nelle periferie senza radici e senza fiori
le scuole fredde e gli intonaci umidicci
accolgono risa inconsapevoli
si scorge un cielo terso
abbagliante e limpido
che come sudario candido
avvolge i nuovi uomini
forse senza speranza

*

e' una catena lunga
avambracci gomiti e polsi
stretti come reti da pesca
losanghe a fuso
ancora tremanti dal freddo
qualche lamento grido
a ridosso di pezzi
resine bianche di scafi a punta
rotti dal peso
confusi arti
e vento che sferza le guance
che lacrimando
riempiono il mare
forse una nave
o qualche scialuppa
come terra promessa

pino de stasio




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martedì 12 maggio 2009

L’UE verso nuove norme per le procedure di asilo politico
I diritti dei richiedenti asilo
Il Parlamento UE propone una nuova direttiva con un pacchetto normativo volto a migliorare i dirittti dei richiedenti asilo. Viene rafforzata l’accoglienza dei richiedenti asilo e le loro condizioni, definendo i criteri che debbono essere garantiti per quanto riguarda l'alloggio, il vitto, il vestiario, le cure sanitarie, l'aiuto finanziario, la libertà di movimento e l'accesso al lavoro. La proposta prevede inoltre disposizioni specifiche per la protezione di persone particolarmente vulnerabili, come i minori, i minori non accompagnati, le donne in gravidanza e le vittime di torture e violenze.
Ecco le proposte più importanti:
- revisione della direttiva sull'accoglienza;
- regolamento che migliora il sistema di Dublino sulla gestione delle domande;
- regolamento sul sistema Eurodac;
- sistema informatico di confronto delle impronte digitale;
- la creazione di un ufficio europeo che assista gli Stati membri nella gestione delle domande di asilo;
- il trattenimento dei richiedenti asilo, non deve avere luogo in istituti penitenziari, bensì in centri specializzati;
- Provvedimenti amministrativi dovrebbero intervenire solamente in caso di urgenze ed essere confermati dalla giustizia entro 72 ore. In assenza di decisione, il richiedente dovrebbe essere rilasciato immediatamente;
- vietato il trattenimento di minori non accompagnati;
- le persone vulnerabili, come i minori, le donne in gravidanza e le vittime di torture e violenze “incluse le mutilazioni genitali femminili” dovrebbero ricevere un'attenzione adeguata
- Revisione del regolamento di Dublino" del 2003 che aveva lo scopo di garantire l'accesso alla procedura di domanda di asilo e l'accesso a un suo esame rapido, evitando al contempo le domande multiple depositate da uno stesso richiedenti in diversi paesi UE.
Il Parlamento propone di migliorare la solidarietà tra gli Stati membri con l'introduzione di strumenti obbligatori, come la costituzione di squadre di esperti nazionali che assistano gli Stati membri confrontati a un importante numero di domande di asilo e l'istituzione di un programma di ricollocazione che mira a permettere ai beneficiari della protezione internazionale di essere accolti da uno Stato membro diverso da quello che ha concesso loro l'asilo.
8 Maggio 2009
Fonte/Immigrazione.biz



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I bimbi clandestini che spariscono in Italia, dove vanno?


Italia World, la trasmissione di approfondimento settimanale di Raitalia condotta dal Direttore Piero Badaloni, prende spunto dalle dichiarazioni del Ministro dell’Interno Roberto Maroni. In occasione della presentazione dello status dell’infanzia nel mondo presentato da Unicef Italia, il Ministro ha affermato che vi sono evidenze legate alla possibilità di traffico in Italia di organi prelevati dai minori che giungono in Italia come clandestini. Una denuncia pensate, ad oggi non avvalorata da dati specifici ma solo da riscontri numerici. Da qui il titolo della trasmissione, “Il traffico della vergogna” a cui hanno partecipato molti esperti compreso il Direttore di Unicef Italia.
Dei 31.000 clandestini giunti a Lampedusa nel 2008, 2670 sono minori e, fra questi, 1919 non erano accompagnati da genitori. Dal 2000 al 2008 in Italia sono 8080 i minori clandestini scomparsi.
Molti esprimono perplessità sull’esistenza di prelievo e trapianto di organi in Italia. Servono 50 persone che si occupino di espianto, cliniche particolari – ha detto un chirurgo.
Pensare che 50 persone decidano di collaborare per un atto criminoso di questo tipo è davvero impossibile. Poi si deve pensare al reimpianto, che coinvolge altrettante persone. Il tema del traffico dei minori per trapianti esiste ma in alcuni paesi esteri.
C’è chi va all’estero, nelle zone povere del mondo per fare il trapianto. Chi dall’Italia lo fa deve essere perseguito. Ed è anche semplice riuscire a individuarli.
Quando rientri in Italia dopo un trapianto hai bisogno di cure molto costose per farmaci anti-rigetto. Quando qualcuno acquista questi farmaci dovrebbe presentare la propria cartella clinica, che ogni ospedale del mondo rilascia. I minori clandestini, in Italia, comunque dove finiscono? Perché spariscono? I pareri dei presenti sono piuttosto concordi.
A 18 anni diventano clandestini e quindi possono essere espulsi, molti fuggono prima e si ricongiungono, in Italia, a parenti e amici. A quel punto diventano clandestini a tutti gli effetti. Per il Giudice dei minori Maria Teresa Spagnoletti, dovrebbero essere prese maggiori misure per la protezione dei minori. Molti di loro hanno percorsi di integrazione in Italia – ha detto Spagnoletti -. Fino alla maggiore età frequentano la scuola, si integrano, sono protetti. Ma al compimento del diciottesimo anno siamo costretti a rimpatriarli poiché privi di permesso di soggiorno. Insomma, non c’è una legge di riferimento per il loro specifico caso.
Anche il Senatore Allegroni è d’accordo sul fatto che non risulta in Italia un traffico di organi prelevati su minori. Altro tema è quello della “tracciabilità”.
Arrivando in Italia come minori, tutti coloro che non entrano negli Istituti di accoglienza per minori, scompaiono.

Fonte Chiesa Cattolica 20/02/2009


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domenica 19 aprile 2009

in difesa dei bambini indifesi

Il traffico di esseri umani e' ormai un problema su scala mondiale che coinvolge ogni anno almeno 1.200.000 minori al di sotto dei 18 anni.
La ''materia prima'' si trova nei paesi poveri ed è costituita da una umanita' indifesa e tradita sfruttata da associazioni criminali e che costituisce gli schiavi del XXI secolo, un numero di ragazzi in aumento, soprattutto in alcune regioni del mondo.
Una rete di vendite e spostamenti che rende 1,2 miliardi di dollari l'anno, come altri tipi di traffici illeciti, dalle armi alla droga.
Occorre un maggior rispetto delle leggi, maggior controllo ed assistenza nei confronti delle fami glie disagiate ed una mirata informazione all’opinione pubblica sul fenomeno.
Chiedere elemosina significa stare per strada ogni giorno, non frequentare la scuola, non gioca re, non socializzare con altri coetanei.
Significa obbligare il bambino ad una vita che non gli appartiene e obbligarlo a non credere in un futuro migliore.
Significa annientare i suoi diritti !!
La mendicità non è più considerata un atto illecito ma quando tocca i bambini essa diventa dolorosamente intollerabile.
I bambini mendicanti sui marciapiedi di città piccole e grandi non vanno a scuola, non giocano, dormono dove capita,vivono ai margini tra denutrizione, malattie, maltrattamenti, sfrutta mento.
Per questi bambini l'infanzia è un'esperienza breve e spesso crudele.
Di fronte a quelle mani tese che dicono “ho fame”, non rispondiamo con qualche spicciolo, per lavarci la coscienza: così facendo non li liberiamo certamente dalla schiavitù alla quale sono costretti, non li liberiamo da nulla.
Ricordiamoci allora che dietro a quelle mani ci sono organizzazioni criminali che li sfruttano dopo averli rapiti o comprati, riducendoli in schiavitù, annientandone la dignità.
Al posto del denaro diamo loro qualcosa da mangiare, non avremo così il “dubbio” di aver “contribuito” al racket dell’accattonaggio,che genera emarginazione.
Secondo l’ultimo Rapporto del Segretario Generale dell’ONU, presentato a New York e a Roma dall’Unicef e dall’Oms, la violenza sui minori è un fenomeno che accomuna tutti gli stati del mondo.
Almeno 54 mila minori sono stati, infatti, uccisi nel 2002; 223 mila costretti a rapporti sessuali o comunque a contatti fisici forzati; 218 milioni di bambini sono lavoratori, di cui 126 milioni coinvolti in attività rischiose, 5.7 in lavori forzati o imposti per estinguere il debito contratto; 1.8 milioni sono vittime del giro della prostituzione e della pornografia; 1.2 risultano essere vittime del traffico di esseri umani; e tra i 100 e 140 milioni di ragazze hanno subito una muti lazione genitale.
Tale violenza, spesso, rimane nascosta e socialmente accettata e per molti bambini è una routi ne.Nella maggior delle volte è commessa da persone di cui i bambini si fidano e comprende la violenza fisica, psicologica, la discriminazione, l’abbandono e il maltrattamento.
Difficile è anche scoprire quante ore i bambini vengono tenuti in strada,dove dormono,dove mangiano, a chi siano affidati.
Ma l'altro problema è rappresentato dalla scarsità di posti di ricovero per questi bambini che vengono strappati ai loro padroni.
Risulta che molti bambini frequentino regolarmente la scuola e nel pomeriggio vendano spugnette e accendini per aiutare la famiglia rimasta nel Paese di origine.
Ma addossare la colpa di queste situazioni unicamente sulle spalle dei genitori o delle comunità straniere sarebbe un errore.
Tali comportamenti sono tipici in presenza di un mercato selvaggio, basato unicamente sul prezzo come elemento di concorrenza.
E' il cosiddetto mercato globale che, organismi internazionali come l'Unicef, additano come fonte di sfruttamento e schiavitù.
In questo desolante scenario spesso il bambino viene reificato, ridotto ad una ''cosa'', a ''mer ce'', merce che e' per molti adulti - come riferisce il dossier della Fides, un buon affare e basta.
Dinanzi al dilagare del fenomeno,è giunto il momento per la istituzione in Italia di un Osservatorio Nazionale per i Minori Immigrati che, da una parte, affronti il problema della criminalità minorile straniera e dall’altro si occupi di apprestare gli strumenti di intervento in una materia così delicata che affligge la nostra società contemporanea.
E non solo…


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sabato 18 aprile 2009

Nuove regole UE per il rimpatrio dei clandestini stranieri

(Direttiva 2008/115/CE - GUCE L 348/98 del 24.12.2008)

di Mario Pavone**
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La questione dei migranti è andata sempre più affermandosi negli ultimi anni, nel contesto europeo, e ciò ha reso imminente la necessità di strutturazione di una normativa comunitaria e internazionale che possa dare direttive riguardanti la gestione e, soprattutto, la tutela dei diritti del migrante e dell’apolide.
Merita di essere ricordata l’importante affermazione che si apre il documento varato, di recente,dal Consiglio d’Europa sui temi dell’immigrazione ed asilo.
“Le migrazioni internazionali sono una realtà che persisterà in particolare finché resteranno i divari di ricchezza e di sviluppo tra le diverse regioni del mondo.
Possono rappresentare un’opportunità poiché sono un fattore di scambi umani ed economici e consentono inoltre alle persone di concretare le loro aspirazioni.
Possono contribuire in modo decisivo alla crescita economica dell’Unione europea e degli Stati membri che hanno bisogno di migranti a motivo della situazione del loro mercato del lavoro o della loro situazione demografica.
Infine, apportano risorse ai migranti e ai loro paesi d’origine, contribuendo in tal modo al loro sviluppo”.
In base al contenuto del Patto europeo sull’immigrazione ed asilo politico,approvato dal Consiglio d’Eurpa,l’Unione Europea ha introdotto alcune norme comuni circa l’allontanamento ed il rimpatrio degli stranieri irregolari,contenute nella Direttiva del Parlamento e del Consiglio 2008/115/CE,pubblicata il 24 dicembre 2008 sulla Gazzetta Ufficiale della Unione Europea a cui tutti i Paesi comunitari dovranno uniformarsi entro il 24 dicembre 2010.
Nella stessa ottica vennero adottate dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il 9 maggio 2005 venti linee guida su tutti gli stadi del procedimento di rimpatrio forzato.
Le linee guida richiamano i diritti tutelati dalla Convenzione europea per la protezione dei diritti umani e le libertà fondamentali,contenute in cinque capitoli
Voluntary return,
The removal order
Detention pending removal
Readmission
Forced removals
riguardanti i vari aspetti del rimpatrio forzato.
Un capitolo specifico venne dedicato alla detenzione in attesa dell’allontanamento in cui sono indicate,tra l’altro,le circostanze in cui la detenzione può essere ordinata e le condizioni minime di detenzione.
E’ stato sottolineato che lo stato ospite dovrebbe prendere misure di promozione del ritorno volontario più che coattivo; l’ordine di allontanamento dovrebbe essere perseguito solo in accordo con le leggi nazionali e non dovrebbe essere applicato se presente il rischio di violenze, torture o trattamenti inumani e degradanti nel paese di ritorno sia da parte del governo sia da parte di “non-state actors”.
Al fine di verificare l’ assoluta assenza di pericolo nel paese di ritorno, dovrebbero essere valu tate e prese in considerazione le informazioni provenienti da tutte le fonti, governative e non, e dall’UNHCR, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati.
Non dovrebbe inoltre essere portato a termine un’ordinanza di rimpatrio se lo stato in cui il migrante deve far ritorno rifiuti il rientro del migrante stesso.
In ogni caso è proibita l’espulsione collettiva e la mancata adempienza dell’analisi individuale dei diversi casi.
Merita attenzione,in particolare,il terzo capitolo riguardante le modalità di detenzione dopo l’ordine di rimpatrio.
La persona detenuta dovrebbe, innanzitutto, essere informata in una lingua che conosce e dovrebbe avere la possibilità di contattare giudici e avvocati.
La detenzione dovrebbe essere più breve possibile e rispettosa dei diritti umani.
Il personale presente all’interno dei luoghi detenzione dovrebbe essere altamente qualificato e in grado di affrontare la situazione specifica.
Le persone trattenute, inoltre, dovrebbero ricevere degna assistenza medica e ascolto psicologico e non dovrebbero essere detenute insieme a ordinary prisoners;
dovrebbero avere libero accesso ad avvocati, ONG e familiari.
I centri di detenzione dovrebbero essere costantemente monitorati da enti esterni e l’accesso dovrebbe essere liberamente consentito a membri dell’UNHCR, del parlamento europeo e altri soggetti qualificati.

Il nuovo pacchetto di regole e procedure,introdotto con la Direttiva 115/2008,è,in conseguenza,basato sul pieno rispetto dei fondamentali diritti umani e della dignità dei clandestini ed appare pienamente coerente con le regole dettate nel non lontano 2005.
a-Le nuove regole in generale
Le regole introdotte con la Direttiva in commento prevedono chiaramente che dovranno essere tenuti in debito conto dalla Autorità procedente al rimpatrio
l'interesse superiore dei bambini,
la vita familiare,
le condizioni di salute del cittadino straniero soggetto a rimpatrio
il principio del non-refoulement, cioè il divieto esplicito di espulsione e di rimpatrio di profughi verso i Paesi dove la loro vita o la loro libertà è in pericolo.
Inoltre,tra le nuove regole, va considerata,in primo luogo,quella che nel caso in cui i cittadini irregolari possiedano un permesso di soggiorno valido oppure un'altra autorizzazione per soggiornare rilasciati da un altro Stato membro della UE,il rimpatrio dovrà essere effettuato verso questo Paese; mentre, nel caso in cui l’irregolare abbia iniziato una procedura per il rinno vo del permesso di soggiorno o di un'altra autorizzazione per avere il diritto di soggiornare, si potrà attendere il completamento dell’iter prima di prendere una decisione sul rimpatrio.
E’ previsto, inoltre, che in qualsiasi momento gli Stati comunitari possano decidere di rilasciare per motivi caritatevoli, umanitari o di altro tipo un permesso di soggiorno autonomo od un'altra autorizzazione analoga ad un irregolare, non emettendo la decisione di rimpatrio o revocandola o sospendendola,nel caso sia stata già emessa.
La revoca o la sospensione di tale autorizzazione,naturalmente,dovranno valere per la durata del permesso rilasciato.
In ogni caso la direttiva non impedisce che gli Stati membri decidano di far terminare un sog giorno regolare e dispongano contestualmente il rimpatrio, l'allontanamento e/o il divieto d'ingresso con un atto unico.
Sono previste anche due deroghe all’applicazione degli aspetti positivi della direttiva.
se i cittadini extracomunitari siano sottoposti a rimpatrio come sanzione penale o come conseguenza di una sanzione penale, secondo la legislazione nazionale, o sottoposti a proce dure di estradizione;
se siano respinti alla frontiera o colti ad attraversarla illegalmente via terra, mare od aria.
Agli irregolari dovranno essere concessi tra i sette ed i trenta giorni per lasciare lo Stato in cui sono entrati illegalmente anche se potranno partire prima,se lo desidereranno,e se potranno beneficiare di proroghe in casi eccezionali (ad esempio per la presenza di bambini che frequen tano la scuola).
La decisione di rimpatrio dovrà seguire la scadenza del periodo di partenza volontaria e le misure coercitive adottate per l’allontanamento dovranno essere proporzionate e non eccedere un uso ragionevole della forza.
Le decisioni di rimpatrio saranno corredate di un divieto d'ingresso,non superiore ai cinque anni,se non sarà stato concesso un periodo per la partenza volontaria oppure se il cittadino extracomunitario non avrà ottemperato all'obbligo di rimpatrio.
b-Il rimpatrio dei minori non accompagnati
Sono state introdotte,inoltre,regole precise anche per l’allontanamento ed il rimpatrio dei mino ri non accompagnati.
Innanzi tutto dovrà essere fornita un'assistenza adeguata da parte di organismi appropriati diversi dalle autorità che eseguono il rimpatrio.
Inoltre lo Stato comunitario che effettua l’espulsione dovrà accertarsi che il bimbo sarà accompagnato presso un membro della sua famiglia, un tutore designato o presso adeguate strutture di accoglienza nello Stato di rimpatrio.
c-le garazie procedurali ai fini del rimpatrio
La direttiva 2008/115/CE dell’UE detta,peraltro,norme precise anche in relazione alle garanzie procedurali da adottare durante questi proce dimenti a carico degli irregolari e sul trattenimento ai fini dello allontanamento presso appositi centri di permanenza temporanea, quando dovesse esserci un rischio di fuga,oppure se il cittadino del paese terzo evitasse od ostacolasse la preparazione del rimpatrio o dell’allontanamento.
In particolare, per il trattenimento nei Centri di permanenza ed espulsione è previsto che gli extracomunitari dovranno avere il diritto, su richiesta,di contattare avvocati, famigliari ed il proprio consolato e che dovrà essere prestata una speciale attenzione nei riguardi dei soggetti deboli e dei malati, assicurando anche le prestazioni d’urgenza.
In particolare, in base all’art. 13 della Direttiva 115/2008 viene stabilito che
1.Al cittadino di un Paese terzo interessato sono concessi mezzi di ricorso effettivo avverso le decisioni connesse al rimpatrio di cui all'articolo 12, paragrafo 1, o per chiederne la revisione dinanzi ad un'autorità giudiziaria o amministrativa competente o a un organo competente composto da membri imparziali che offrono garanzie di indipendenza.
2. L'autorità o l'organo menzionati al paragrafo 1 hanno la facoltà di rivedere le decisioni connesse al rimpatrio di cui all'articolo 12, paragrafo 1, compresa la possibilità di sospen derne temporaneamente l'esecuzione, a meno che la sospensione temporanea sia già applicabile ai sensi del diritto interno.
3. Il cittadino di un paese terzo interessato ha la facoltà di farsi consigliare e rappresentare da un legale e, ove necessario, di avvalersi di un’assistenza linguistica.
4. Gli Stati membri provvedono a che sia garantita, su richiesta, la necessaria assistenza e/o rappresentanza legale gratuita ai sensi della pertinente legislazione o regolamentazione nazio nale in materia e possono disporre che tale assistenza e/o rappresentanza legale gratuita sia soggetta alle condizioni di cui all'articolo 15, paragrafi da 3 a 6, della direttiva 2005/85/CE.
d.il trattenimento nei CIE e la durata
In caso di trattenimento l’art15 della Direttiva UE,prevede che
1. Salvo se nel caso concreto possono essere efficacemente applicate altre misure sufficienti ma meno coercitive, gli Stati membri possono trattenere il cittadino di un paese terzo sottoposto a procedure di rimpatrio soltanto per preparare il rimpatrio e/o effettuare l'allontanamento, in particolare quando:
a) sussiste un rischio di fuga
b) il cittadino del paese terzo evita od ostacola la preparazione del rimpatrio o dell'allontana mento.
Il trattenimento ha durata quanto più breve possibile ed è mantenuto solo per il tempo necessario all'espletamento diligente delle modalità di rimpatrio.
2. Il trattenimento è disposto dalle autorità amministrative o giudiziarie. Il trattenimento è disposto per iscritto ed è motivato in fatto e in diritto. Quando il trattenimento è disposto dalle autorità amministrative, gli Stati membri:
a) prevedono un pronto riesame giudiziario della legittimità del trattenimento su cui decidere entro il più breve tempo possibile dall'inizio del trattenimento stesso,
b) oppure accordano al cittadino di un paese terzo interessato il diritto di presentare ricorso per sottoporre ad un pronto riesame giudiziario la legittimità del trattenimento su cui decidere entro il più breve tempo possibile dall'avvio del relativo procedimento.
In tal caso gli Stati membri informano immediatamente il cittadino del paese terzo in merito alla possibilità di presentare tale ricorso.
Il cittadino di un paese terzo interessato è liberato immediatamente se il trattenimento non è legittimo.
3. In ogni caso, il trattenimento è riesaminato ad intervalli ragionevoli su richiesta del cittadino di un paese terzo interessato o d'ufficio. Nel caso di periodi di trattenimento prolungati il riesame è sottoposto al controllo di un'autorità giudiziaria.
4. Quando risulta che non esiste più alcuna prospettiva ragionevole di allontanamento per motivi di ordine giuridico o per altri motivi o che non sussistono più le condizioni di cui al paragrafo 1, il trattenimento non è più giustificato e la persona interessata è immediatamente rilasciata.
5. Il trattenimento è mantenuto finché perdurano le condizioni di cui al paragrafo 1 e per il periodo necessario ad assicurare che l'allontanamento sia eseguito.
Ciascuno Stato membro stabilisce un periodo limitato di trattenimento, che non può superare i sei mesi.
6. Gli Stati membri non possono prolungare il periodo di cui al paragrafo 5, salvo per un periodo limitato non superiore ad altri dodici mesi conformemente alla legislazione nazionale nei casi in cui, nonostante sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo, l'operazione di allontanamento rischia di durare più a lungo a causa:
a) della mancata cooperazione da parte del cittadino di un paese terzo interessato, o
b) dei ritardi nell'ottenimento della necessaria documentazione dai paesi terzi.
Il successivo art.16 della Direttiva stabilisce in tema di trattenimento presso i CIE che
1. Il trattenimento avviene di norma in appositi centri di permanenza temporanea.
Qualora uno Stato membro non possa ospitare il cittadino di un paese terzo interessato in un apposito cen tro di permanenza temporanea e debba sistemarlo in un istituto penitenziario, i cittadini di paesi terzi trattenuti sono tenuti separati dai detenuti ordinari.
2. I cittadini di paesi terzi trattenuti hanno la possibilità — su richiesta — di entrare in contatto, a tempo debito, con rappresentanti legali, familiari e autorità consolari competenti.
3. Particolare attenzione è prestata alla situazione delle persone vulnerabili. Sono assicurati le prestazioni sanitarie d'urgenza e il trattamento essenziale delle malattie.
4. I pertinenti e competenti organismi ed organizzazioni nazionali, internazionali e non governativi hanno la possibilità di accedere ai centri di permanenza temporanea di cui al paragrafo 1, nella misura in cui essi sono utilizzati per trattenere cittadini di paesi terzi in conformità del presente capo. Tali visite possono essere soggette ad autorizzazione.
5. I cittadini di paesi terzi trattenuti sono sistematicamente informati delle norme vigenti nel centro e dei loro diritti e obblighi. Tali informazioni riguardano anche il loro diritto, ai sensi della legislazione nazionale, di mettersi in contatto con gli organismi e le organizzazioni di cui al paragrafo 4.
e.la legislazione italiana in emanazione
Alla luce di quanto innanzi,appare evidente come sia assolutamente inconciliabile la norma introdotta dal DL Sicurezza n.11/2009 .
La norma contenuta nel decreto,in via di conversione alla Camera dei Deputati,che estende il tempo di permanenza nei Cie da 2 a 6 mesi per gli stranieri irregolari, viola la direttiva europea 115/2008, richiamata come norma base per l'estensione della detenzione.
Lo ha sottolineato nel suo parere il Csm che esprime perplessita' sul punto.
L’art.15 della direttiva europea,si legge nel parere al Decreto Legge consente il "trattenimento in caso di resistenza, da parte dell'immigrato, all'identificazione", ma in caso di difficolta' nello 'ottenere documenti dai Paesi terzi, consente soltanto "il prolungamento della permanenza".
In conseguenza,la Camera ha espunto dal testo all’esame del Parlamento l’articolo 5 del decre to sulla sicurezza che prevedeva l’allungamento fino a sei mesi dei tempi di permanenza nei centri di accoglienza per immigrati in attesa dell'espulsione.
E’ il giusto riconoscimento della valenza della Direttiva della UE 115/2008 che così dispiega tutta la sua efficacia ed a cui i legislatori nazionali debbono adeguare le proprie norme.
f. conclusioni
La Unione Europe ribadisce la propria convinzione che le questioni migratorie costituiscono parte integrante delle relazioni esterne dell’Unione e che una gestione armoniosa ed efficace delle migrazioni deve essere globale e pertanto riguardare nel contempo l’organizzazione della migrazione legale e la lotta contro l’immigrazione clandestina come mezzi per favorire le sinergie tra le migrazioni e lo sviluppo.
L’Unione europea non dispone tuttavia dei mezzi per accogliere degnamente tutti i migranti che sperano di trovarvi una vita migliore.
L’organizzazione dell’immigrazione deve pertanto tener conto delle capacità d’accoglienza dell’Europa sul piano del mercato del lavoro, degli alloggi, dei servizi sanitari, scolastici e sociali nonché proteggere i migranti dal rischio di sfruttamento da parte di reti criminali.
D’altro canto la creazione di uno spazio comune di libera circolazione pone gli Stati membri di fronte a nuove sfide.
Il comportamento di uno Stato può avere ripercussioni sugli interessi degli altri. L’accesso al territorio di uno Stato membro può essere seguito dall’accesso al territorio di altri Stati membri.
È pertanto imperativo che ciascuno Stato membro tenga conto degli interessi dei partner nel definire e attuare le proprie politiche di immigrazione, integrazione e asilo.
Latina,18 Aprile 2009
** Presidente
ANIMI Onlus


(Direttiva 2008/115/CE - GUCE L 348/98 del 24.12.2008)
(omissis)
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Oggetto
La presente direttiva stabilisce norme e procedure comuni da applicarsi negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, nel rispetto dei diritti fondamentali in quanto principi generali del diritto comunitario e del diritto internazionale, compresi gli obblighi in materia di protezione dei rifugiati e di diritti dell'uomo.
Articolo 2
Ambito di applicazione
1. La presente direttiva si applica ai cittadini di paesi terzi il cui soggiorno nel territorio di uno Stato membro è irregolare.
2. Gli Stati membri possono decidere di non applicare la presente direttiva ai cittadini di paesi terzi:
a) sottoposti a respingimento alla frontiera conformemente all'articolo 13 del codice frontiere Schengen ovvero fermati o scoperti dalle competenti autorità in occasione dell'attraversamento irregolare via terra, mare o aria della frontiera esterna di uno Stato membro e che non hanno successivamente ottenuto un'autorizzazione o un diritto di soggiorno in tale Stato membro;
b) sottoposti a rimpatrio come sanzione penale o come conseguenza di una sanzione penale, in conformità della legislazione nazionale, o sottoposti a procedure di estradizione.
3. La presente direttiva non si applica ai beneficiari del diritto comunitario alla libera circola zio ne,quali definiti all'articolo 2, paragrafo 5, del codice frontiere Schengen.
Articolo 3
Definizioni
Ai fini della presente direttiva, si intende per:
1) «cittadino di un paese terzo» chiunque non sia cittadino dell’Unione ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, del trattato né un beneficiario del diritto comunitario alla libera circolazione, quale definito all'articolo 2, paragrafo 5, del codice frontiere Schengen;
2) «soggiorno irregolare» la presenza nel territorio di uno Stato membro di un cittadino di un paese terzo che non soddisfi o non soddisfi più le condizioni d'ingresso di cui all'articolo 5 del codice frontiere Schengen o altre condizioni d'ingresso, di soggiorno o di residenza in tale Stato membro;
3) «rimpatrio» il processo di ritorno di un cittadino di un paese terzo, sia in adempimento volontario di un obbligo di rimpatrio sia forzatamente:
— nel proprio paese di origine, o
— in un paese di transito in conformità di accordi comunitari o bilaterali di riammissione o di altre intese, o
— in un altro paese terzo, in cui il cittadino del paese terzo in questione decide volontariamente di ritornare e in cui
sarà accettato;
4) «decisione di rimpatrio» decisione o atto amministrativo o giudiziario che attesti o dichiari l’irregolarità del soggiorno di un cittadino di paesi terzi e imponga o attesti l’obbligo di rimpatrio;
5) «allontanamento» l'esecuzione dell’obbligo di rimpatrio, vale a dire il trasporto fisico fuori dallo Stato membro;
6) «divieto d'ingresso» decisione o atto amministrativo o giudiziario che vieti l'ingresso e il soggiorno nel territorio degli Stati membri per un periodo determinato e che accompagni una decisione di rimpatrio;
7) «rischio di fuga» la sussistenza in un caso individuale di motivi basati su criteri obiettivi definiti dalla legge per ritenere che un cittadino di un paese terzo oggetto di una procedura di rimpatrio possa tentare la fuga;
8) «partenza volontaria»: l'adempimento dell'obbligo di rimpatrio entro il termine fissato a tale scopo nella decisione di rimpatrio;
9) «persone vulnerabili»: i minori, i minori non accompagnati, i disabili, gli anziani, le donne in gravidanza, le famiglie monoparentali con figli minori e le persone che hanno subìto torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale.
Articolo 4
Disposizioni più favorevoli
1. La presente direttiva lascia impregiudicate le disposizioni più favorevoli vigenti in forza di:
a) accordi bilaterali o multilaterali tra la Comunità, o la Comunità e i suoi Stati membri, e uno o più paesi terzi;
b) accordi bilaterali o multilaterali tra uno o più Stati membri e uno o più paesi terzi.
2. La presente direttiva lascia impregiudicate le disposizioni più favorevoli ai cittadini di paesi terzi previste dall'acquis comunitario in materia di immigrazione e di asilo.
3. La presente direttiva lascia impregiudicata la facoltà degli Stati membri di introdurre o mantenere disposizioni più favorevoli alle persone cui si applica, purché compatibili con le norme in essa stabilite.
4. Per quanto riguarda i cittadini di paesi terzi esclusi dall'ambito di applicazione della presente direttiva conformemente all'articolo 2, paragrafo 2, lettera a), gli Stati membri:
a) provvedono affinché siano loro riservati un trattamento e un livello di protezione non meno favorevoli di quanto disposto all'articolo 8, paragrafi 4 e 5 (limitazione dell’uso di misure coercitive), all'articolo 9, paragrafo 2, lettera a) (rinvio dell'allontanamento), all'articolo 14, paragrafo 1, lettere b) e d) (prestazioni sanitarie d'urgenza e considerazione delle esigenze delle persone vulnerabili) e agli articoli 16 e 17 (condizioni di trattenimento) e
b) rispettano il principio di non-refoulement.
Articolo 5
Non-refoulement, interesse superiore del bambino, vita
familiare e condizioni di salute
Nell'applicazione della presente direttiva, gli Stati membri tengono nella debita considerazione:
a) l'interesse superiore del bambino;
b) la vita familiare;
c) le condizioni di salute del cittadino di un paese terzo interessato;
e rispettano il principio di non-refoulement.
CAPO II
FINE DEL SOGGIORNO IRREGOLARE
Articolo 6
Decisione di rimpatrio
1. Gli Stati membri adottano una decisione di rimpatrio nei confronti di qualunque cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare, fatte salve le deroghe di cui ai paragrafi da 2 a 5.
2. Un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel territorio di uno Stato membro è irregolare e che è in possesso di un permesso di soggiorno valido o di un'altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare rilasciati da un altro Stato membro deve recarsi immediatamente nel territorio di quest'ultimo. In caso di mancata osservanza di questa prescrizione da parte del cittadino di un paese terzo interessato ovvero qualora motivi di ordine pubblico o di sicurezza nazionale impongano la sua immediata partenza, si applica il paragrafo 1.
3. Gli Stati membri possono astenersi dall'emettere una decisione di rimpatrio nei confronti di un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare qualora il cittadino in questione sia ripreso da un altro Stato membro in virtù di accordi o intese bilaterali vigenti alla data di entrata in vigore della presente direttiva. In tal caso lo Stato membro che riprende il cittadino in questione applica il paragrafo 1.
4. In qualsiasi momento gli Stati membri possono decidere di rilasciare per motivi caritatevoli, umanitari o di altra natura un permesso di soggiorno autonomo o un'altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare a un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare. In tali casi non è emessa la decisione di rimpatrio. Qualora sia già stata emessa, la decisione di rimpatrio è revocata o sospesa per il periodo di validità del titolo di soggiorno o di un'altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare.
5. Qualora un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel territorio di uno Stato membro è irregolare abbia iniziato una procedura per il rinnovo del permesso di soggiorno o di un'altra autorizzazione che conferisce il diritto di soggiornare, lo Stato membro in questione valuta l'opportunità di astenersi dall'emettere una decisione di rimpatrio fino al completamento della procedura, fatto salvo il paragrafo 6.
6. La presente direttiva non osta a che gli Stati membri decidano di porre fine al soggiorno regolare e dispongano contestualmente il rimpatrio e/o l'allontanamento e/o il divieto d'ingresso in un'unica decisione o atto amministrativo o giudiziario in conformità della legislazione nazionale, fatte salve le garanzie procedurali previste dal capo III e da altre pertinenti disposizioni del diritto comunitario e nazionale.
Articolo 7
Partenza volontaria
1. La decisione di rimpatrio fissa per la partenza volontaria un periodo congruo di durata compresa tra sette e trenta giorni, fatte salve le deroghe di cui ai paragrafi 2 e 4. Gli Stati membri possono prevedere nella legislazione nazionale che tale periodo sia concesso unicamente su richiesta del cittadino di un paese terzo interessato. In tal caso, gli Stati membri informano i cittadini di paesi terzi interessati della possibilità di inoltrare tale richiesta. Il periodo previsto al primo comma non esclude la possibilità per i cittadini di paesi terzi interessati di partire prima.
2. Gli Stati membri prorogano, ove necessario, il periodo per la partenza volontaria per un periodo congruo, tenendo conto delle circostanze specifiche del caso individuale, quali la durata del soggiorno, l'esistenza di bambini che frequentano la scuola e l'esistenza di altri legami familiari e sociali.
3. Per la durata del periodo per la partenza volontaria possono essere imposti obblighi diretti a evitare il rischio di fuga, come l'obbligo di presentarsi periodicamente alle autorità, la costituzione di una garanzia finanziaria adeguata, la consegna di documenti o l’obbligo di dimorare in un determinato luogo.
4. Se sussiste il rischio di fuga o se una domanda di soggiorno regolare è stata respinta in quanto manifestamente infondata o fraudolenta o se l'interessato costituisce un pericolo per l'ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale, gli Stati membri possono astenersi dal concedere un periodo per la partenza volontaria o concederne uno inferiore a sette giorni.



Articolo 8
Allontanamento
1. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per eseguire la decisione di rimpatrio qualora non sia stato concesso un periodo per la partenza volontaria a norma dell’articolo 7, paragrafo 4, o per mancato adempimento dell’obbligo di rimpatrio entro il periodo per la partenza volontaria concesso a norma dell'articolo 7.
2. Qualora uno Stato membro abbia concesso un periodo per la partenza volontaria a norma dell’articolo 7, la decisione di rimpatrio può essere eseguita unicamente alla scadenza di tale periodo, a meno che nel periodo in questione non sorga uno dei rischi di cui all'articolo 7, paragrafo 4.
3. Gli Stati membri possono adottare una decisione o un atto amministrativo o giudiziario distinto che ordini l'allontanamento.
4. Ove gli Stati membri ricorrano – in ultima istanza – a misure coercitive per allontanare un cittadino di un paese terzo che oppone resistenza, tali misure sono proporzionate e non eccedano un uso ragionevole della forza. Le misure coercitive sono attuate conformemente a quanto previsto dalla legislazione nazionale in osservanza dei diritti fondamentali e nel debito rispetto della dignità e dell'integrità fisica del cittadino di un paese terzo interessato.
5. Nell’effettuare l’allontanamento per via aerea gli Stati membri tengono conto degli orientamenti comuni sulle disposizioni di sicurezza applicabili all’allontanamento congiunto per via aerea allegati alla decisione 2004/573/CE.
6. Gli Stati membri prevedono un sistema di monitoraggio efficace dei rimpatri forzati.
Articolo 9
Rinvio dell'allontanamento
1. Gli Stati membri rinviano l'allontanamento:
a) qualora violi il principio di non-refoulement, oppure
b) per la durata della sospensione concessa ai sensi dell'articolo 13, paragrafo 2.
2. Gli Stati membri possono rinviare l'allontanamento per un congruo periodo, tenendo conto delle circostanze specifiche di ciascun caso. Gli Stati membri tengono conto in particolare:
a) delle condizioni fisiche o mentali del cittadino di un paese terzo;
b) delle ragioni tecniche, come l'assenza di mezzi di trasporto o il mancato allontanamento a causa dell'assenza di identificazione.
3. Ove sia disposto il rinvio dell'allontanamento a norma dei paragrafi 1 e 2, al cittadino di un paese terzo interessato possono essere imposti gli obblighi di cui all'articolo 7, paragrafo 3.


Articolo 10
Rimpatrio e allontanamento di minori non accompagnati
1. Prima di emettere una decisione di rimpatrio nei confronti di un minore non accompagnato è fornita un'assistenza da parte di organismi appropriati diversi dalle autorità che eseguono il rimpatrio tenendo nel debito conto l'interesse superiore del bambino.
2. Prima di allontanare un minore non accompagnato dal territorio di uno Stato membro, le autorità di tale Stato membro si accertano che questi sarà ricondotto ad un membro della sua famiglia, a un tutore designato o presso adeguate strutture di accoglienza nello Stato di rimpatrio.
Articolo 11
Divieto d'ingresso
1. Le decisioni di rimpatrio sono corredate di un divieto d'ingresso:
a) qualora non sia stato concesso un periodo per la partenza volontaria, oppure
b) qualora non sia stato ottemperato all'obbligo di rimpatrio.
In altri casi le decisioni di rimpatrio possono essere corredate di un divieto d'ingresso.
2. La durata del divieto d'ingresso è determinata tenendo debitamente conto di tutte le circostanze pertinenti di ciascun caso e non supera di norma i cinque anni. Può comunque superare i cinque anni se il cittadino di un paese terzo costituisce una grave minaccia per l'ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale.
3. Gli Stati membri valutano la possibilità di revocare o sospendere un divieto d'ingresso qualora un cittadino di un paese terzo colpito da un divieto d'ingresso disposto in conformità del paragrafo 1, secondo comma, possa dimostrare di aver lasciato il territorio di uno Stato membro in piena ottemperanza di una decisione di rimpatrio. Le vittime della tratta di esseri umani cui è stato concesso un permesso di soggiorno ai sensi della direttiva2004/81/CE del Consiglio [12], del 29 aprile 2004, riguardante il titolo di soggiorno da rilasciare ai cittadini di paesi terzi vittime della tratta di esseri umani o coinvolti in un'azione di favoreggiamento dell'immigrazione illegale che cooperino con le autorità competenti non sono soggette a divieto d'ingresso fatte salve le disposizioni del paragrafo 1, primo comma, lettera b), e purché il cittadino di un paese terzo in questione non rappresenti una minaccia per l'ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale. In casi individuali gli Stati membri possono astenersi per motivi umanitari dall'emettere, revocare o sospendere un divieto d'ingresso. In casi individuali o in talune categorie di casi gli Stati membri possono revocare o sospendere un divieto d'ingresso per altri motivi.
4. Lo Stato membro che preveda di rilasciare un permesso di soggiorno o un'altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare ad un cittadino di un paese terzo colpito da un divieto d'ingresso disposto da un altro Stato membro consulta preliminarmente lo Stato membro che lo ha disposto e tiene conto degli interessi di quest'ultimo in conformità dell’articolo 25 dellaconvenzione di applicazione dell’accordo di Schengen [13].
5. I paragrafi da 1 a 4 non pregiudicano negli Stati membri il diritto alla protezione internazionale, quale definita all'articolo 2, lettera a), della direttiva 2004/83/CE del Consiglio [14], del 29 aprile 2004, recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta.
CAPO III
GARANZIE PROCEDURALI
Articolo 12
Forma
1. Le decisioni di rimpatrio e, ove emesse, le decisioni di divieto d'ingresso e le decisioni di allontanamento sono adottate in forma scritta, sono motivate in fatto e in diritto e contengono informazioni sui mezzi di ricorso disponibili. Le informazioni sui motivi in fatto possono essere ridotte laddove la legislazione nazionale consenta che il diritto di informazione sia limitato, in particolare per salvaguardare la sicurezza nazionale, la difesa, la pubblica sicurezza e per la prevenzione, le indagini, l'accertamento e il perseguimento di reati.
2. Gli Stati membri provvedono, su richiesta, alla traduzione scritta od orale dei principali elementi delle decisioni connesse al rimpatrio di cui al paragrafo 1, incluse le modalità di impugnazione disponibili, in una lingua comprensibile per il cittadino di un paese terzo o che si può ragionevolmente supporre tale.
3. Gli Stati membri possono decidere di non applicare il paragrafo 2 ai cittadini di paesi terzi che sono entrati in modo irregolare nel territorio di uno Stato membro e non hanno successivamente ottenuto un'autorizzazione o un diritto di soggiorno in tale Stato. In tali casi le decisioni connesse al rimpatrio di cui al paragrafo 1 sono adottate per mezzo di un modello uniforme previsto dalla legislazione nazionale. Gli Stati membri rendono disponibili schede informative generalizzate che espongono gli elementi principali del modello uniforme in almeno cinque delle lingue più frequentemente utilizzate o comprese dagli immigrati che entrano in modo irregolare nel loro territorio.
Articolo 13
Mezzi di ricorso
1. Al cittadino di un paese terzo interessato sono concessi mezzi di ricorso effettivo avverso le decisioni connesse al rimpatrio di cui all'articolo 12, paragrafo 1, o per chiederne la revisione dinanzi ad un'autorità giudiziaria o amministrativa competente o a un organo competente composto da membri imparziali che offrono garanzie di indipendenza.
2. L'autorità o l'organo menzionati al paragrafo 1 hanno la facoltà di rivedere le decisioni connesse al rimpatrio di cui all'articolo 12, paragrafo 1, compresa la possibilità di sospenderne temporaneamente l'esecuzione, a meno che la sospensione temporanea sia già applicabile ai sensi del diritto interno.
3. Il cittadino di un paese terzo interessato ha la facoltà di farsi consigliare e rappresentare da un legale e, ove necessario, di avvalersi di un’assistenza linguistica.
4. Gli Stati membri provvedono a che sia garantita, su richiesta, la necessaria assistenza e/o rappresentanza legale gratuita ai sensi della pertinente legislazione o regolamentazione nazionale in materia e possono disporre che tale assistenza e/o rappresentanza legale gratuita sia soggetta alle condizioni di cui all'articolo 15, paragrafi da 3 a 6, della direttiva 2005/85/CE.
Articolo 14
Garanzie prima del rimpatrio
1. Gli Stati membri provvedono, ad esclusione della situazione di cui agli articoli 16 e 17, affinché si tenga conto il più possibile dei seguenti principi in relazione ai cittadini di paesi terzi durante il periodo per la partenza volontaria concesso a norma dell’articolo 7 e durante i periodi per i quali l'allontanamento è stato differito ai sensi dell'articolo 9:
a) che sia mantenuta l'unità del nucleo familiare con i membri della famiglia presenti nel territorio;
b) che siano assicurati le prestazioni sanitarie d'urgenza e il trattamento essenziale delle malattie;
c) che sia garantito l'accesso al sistema educativo di base per i minori, tenuto conto della durata del soggiorno;
d) che si tenga conto delle esigenze particolari delle persone vulnerabili.
2. Gli Stati membri confermano per iscritto alle persone di cui al paragrafo 1, conformemente alla legislazione nazionale, che il periodo per la partenza volontaria è stato prorogato ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 2, o che l’esecuzione della decisione di rimpatrio è temporaneamente sospesa.
CAPO IV
TRATTENIMENTO AI FINI DELL'ALLONTANAMENTO
Articolo 15
Trattenimento
1. Salvo se nel caso concreto possono essere efficacemente applicate altre misure sufficienti ma meno coercitive, gli Stati membri possono trattenere il cittadino di un paese terzo sottoposto a procedure di rimpatrio soltanto per preparare il rimpatrio e/o effettuare l'allontanamento, in particolare quando:
a) sussiste un rischio di fuga o
b) il cittadino del paese terzo evita od ostacola la preparazione del rimpatrio o dell'allontanamento.
Il trattenimento ha durata quanto più breve possibile ed è mantenuto solo per il tempo necessario all'espletamento diligente delle modalità di rimpatrio.
2. Il trattenimento è disposto dalle autorità amministrative o giudiziarie. Il trattenimento è disposto per iscritto ed è motivato in fatto e in diritto. Quando il trattenimento è disposto dalle autorità amministrative, gli Stati membri:
a) prevedono un pronto riesame giudiziario della legittimità del trattenimento su cui decidere entro il più breve tempo possibile dall'inizio del trattenimento stesso,
b) oppure accordano al cittadino di un paese terzo interessato il diritto di presentare ricorso per sottoporre ad un pronto riesame giudiziario la legittimità del trattenimento su cui decidere entro il più breve tempo possibile dall'avvio del relativo procedimento. In tal caso gli Stati membri informano immediatamente il cittadino del paese terzo in merito alla possibilità di presentare tale ricorso.
Il cittadino di un paese terzo interessato è liberato immediatamente se il trattenimento non è legittimo.
3. In ogni caso, il trattenimento è riesaminato ad intervalli ragionevoli su richiesta del cittadino di un paese terzo interessato o d'ufficio. Nel caso di periodi di trattenimento prolungati il riesame è sottoposto al controllo di un'autorità giudiziaria.
4. Quando risulta che non esiste più alcuna prospettiva ragionevole di allontanamento per motivi di ordine giuridico o per altri motivi o che non sussistono più le condizioni di cui al paragrafo 1, il trattenimento non è più giustificato e la persona interessata è immediatamente rilasciata.
5. Il trattenimento è mantenuto finché perdurano le condizioni di cui al paragrafo 1 e per il periodo necessario ad assicurare che l'allontanamento sia eseguito. Ciascuno Stato membro stabilisce un periodo limitato di trattenimento, che non può superare i sei mesi.
6. Gli Stati membri non possono prolungare il periodo di cui al paragrafo 5, salvo per un periodo limitato non superiore ad altri dodici mesi conformemente alla legislazione nazionale nei casi in cui, nonostante sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo, l'operazione di allontanamento rischia di durare più a lungo a causa:
a) della mancata cooperazione da parte del cittadino di un paese terzo interessato, o
b) dei ritardi nell'ottenimento della necessaria documentazione dai paesi terzi.
Articolo 16
Condizioni di trattenimento
1. Il trattenimento avviene di norma in appositi centri di permanenza temporanea. Qualora uno Stato membro non possa ospitare il cittadino di un paese terzo interessato in un apposito centro di permanenza temporanea e debba sistemarlo in un istituto penitenziario, i cittadini di paesi terzi trattenuti sono tenuti separati dai detenuti ordinari.
2. I cittadini di paesi terzi trattenuti hanno la possibilità — su richiesta — di entrare in contatto, a tempo debito, con rappresentanti legali, familiari e autorità consolari competenti.
3. Particolare attenzione è prestata alla situazione delle persone vulnerabili. Sono assicurati le prestazioni sanitarie d'urgenza e il trattamento essenziale delle malattie.
4. I pertinenti e competenti organismi ed organizzazioni nazionali, internazionali e non governativi hanno la possibilità di accedere ai centri di permanenza temporanea di cui al paragrafo 1, nella misura in cui essi sono utilizzati per trattenere cittadini di paesi terzi in conformità del presente capo. Tali visite possono essere soggette ad autorizzazione.
5. I cittadini di paesi terzi trattenuti sono sistematicamente informati delle norme vigenti nel centro e dei loro diritti e obblighi. Tali informazioni riguardano anche il loro diritto, ai sensi della legislazione nazionale, di mettersi in contatto con gli organismi e le organizzazioni di cui al paragrafo 4.
Articolo 17
Trattenimento di minori e famiglie
1. I minori non accompagnati e le famiglie con minori sono trattenuti solo in mancanza di altra soluzione e per un periodo adeguato il più breve possibile.
2. Le famiglie trattenute in attesa di allontanamento usufruiscono di una sistemazione separata che assicuri loro un adeguato rispetto della vita privata.
3. Ai minori trattenuti è offerta la possibilità di svolgere attività di svago, tra cui attività di gioco e ricreative consone alla loro età e, in funzione della durata della permanenza, è dato accesso all'istruzione.
4. Ai minori non accompagnati è fornita, per quanto possibile, una sistemazione in istituti dotati di personale e strutture consoni a soddisfare le esigenze di persone della loro età.
5. L'interesse superiore del bambino costituisce un criterio fondamentale per il trattenimento dei minori in attesa di allontanamento.
Articolo 18
Situazioni di emergenza
1. Nei casi in cui un numero eccezionalmente elevato di cittadini di paesi terzi da rimpatriare comporta un notevole onere imprevisto per la capacità dei centri di permanenza temporanea di uno Stato membro o per il suo personale amministrativo o giudiziario, sino a quando persiste la situazione anomala detto Stato membro può decidere di accordare per il riesame giudiziario periodi superiori a quelli previsti dall'articolo 15, paragrafo 2, terzo comma, e adottare misure urgenti quanto alle condizioni di trattenimento in deroga a quelle previste all'articolo 16, paragrafo 1, e all'articolo 17, paragrafo 2.
2. All'atto di ricorrere a tali misure eccezionali, lo Stato membro in questione ne informa la Commissione. Quest'ultima è informata anche non appena cessino di sussistere i motivi che hanno determinato l'applicazione delle suddette misure eccezionali.
3. Nulla nel presente articolo può essere interpretato nel senso che gli Stati membri siano autorizzati a derogare al loro obbligo generale di adottare tutte le misure di carattere generale e particolare atte ad assicurare l’esecuzione degli obblighi ad essi incombenti ai sensi della presente direttiva.
CAPO V
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 19
Relazione
La Commissione riferisce ogni tre anni al Parlamento europeo e al Consiglio sull’applicazione della presente direttiva negli Stati membri e propone eventuali modifiche. La Commissione presenta la prima relazione entro il 24 dicembre 2013, incentrandola in particolare sull'applicazione dell'articolo 11, dell'articolo 13, paragrafo 4, e dell'articolo 15 negli Stati membri. Per quanto riguarda l'articolo 13, paragrafo 4, la Commissione valuta in particolare l'ulteriore impatto finanziario e amministrativo negli Stati membri.
Articolo 20
Attuazione
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 24 dicembre 2010. Per quanto riguarda l'articolo 13, paragrafo 4, gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 24 dicembre 2011. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 21
Relazione con la convenzione Schengen
La presente direttiva sostituisce le disposizioni degli articoli 23 e 24 della convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen.
Articolo 22
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Articolo 23
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea.
Fatto a Strasburgo, addì 16 dicembre 2008.

venerdì 17 aprile 2009

Profili di tutela dei minori immigrati
di Mario Pavone**
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La questione dei migranti è divenuta sempre più rilevante ngli ultimi anni nel contesto europeo e ciò ha reso imminente la necessità di strutturazione di un diritto comune europeo dell’immigrazione che possa dare direttive riguardanti la gestione e,soprattutto, la tutela dei diritti dei migranti e dell’apolide con particolare riguardo ai soggetti deboli come gli anziani,i disabili le donne ed i minori.
a.le migrazioni come risorsa per l’Europa
Merita,da subito,di essere ricordata l’importante affermazione con cui si apre il documento varato, di recente,dal Consiglio d’Europa sui temi dell’immigrazione ed asilo.
“Le migrazioni internazionali sono una realtà che persisterà in particolare finché resteranno i divari di ricchezza e di sviluppo tra le diverse regioni del mondo.
Possono rappresentare un’opportunità poiché sono un fattore di scambi umani ed economici e consentono inoltre alle persone di concretare le loro aspirazioni.
Possono contribuire in modo decisivo alla crescita economica dell’Unione europea e degli Stati membri che hanno bisogno di migranti a motivo della situazione del loro mercato del lavoro o della loro situazione demografica.
Infine, apportano risorse ai migranti e ai loro paesi d’origine, contribuendo in tal modo al loro sviluppo”.
Da più parti è stato sottolineato come,di fronte all’aumento degli immigrati,gli stati europei dovrebbero prendere misure di promozione del ritorno volontario più che varare misure coattive.
Inoltre,si sostiene che l’ordine di allontanamento dovrebbe essere perseguito solo in accordo con le leggi nazionali e non dovrebbe essere applicato se presente il rischio di violenze, torture o trattamenti inumani e degradanti nel paese di ritorno sia da parte del governo sia da parte di “non-state actors”.
Come conseguenza a tali affermazioni di princpio,il nuovo pacchetto di regole e procedure introdotto dalla UE con la Direttiva 115/2008,è basato sul pieno riconoscimento e rispetto dei fondamentali diritti umani e della dignità dei cittadini stranieri clandestini e/o irregolari ed in cui viene sottolineata l’importanza di tenere in debito conto dalla Autorità procedente al rimpatrio
l'interesse superiore dei bambini,
la vita familiare,
le condizioni di salute del cittadino straniero soggetto a rimpatrio
il principio del non-refoulement, cioè il divieto esplicito di espulsione e di rimpatrio di profughi verso i Paesi dove la loro vita o la loro libertà è in pericolo.
Appare,innanzitutto,indispensabile guardare all’interesse superiore dei bambini immigrati.
b.le politiche nazionali in tema di immigrazione ed asilo dei minori
Le politiche contemporanee riguardanti i minori stranieri sono regolate in parte dalle norme relative all’immigrazione e all’asilo emanate dai singoli Stati e in parte dalle norme relative ai diritti dei minori, tra le quali ha particolare rilevanza la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo.
La Convenzione, recepita dal nostro ordinamento con valore di legge,riconosce a tutti i minori – compresi i minori stranieri, anche se irregolari – un’ampia sfera di diritti:
il diritto alla non discriminazione, alla protezione, a vivere con la propria famiglia, alla salute, all’istruzione, a un livello di vita sufficiente allo sviluppo del minore, a non essere detenuto se non come provvedimento di ultima risorsa e in strutture separate dagli adulti, alla partecipazione,ecc.
Tra i suoi principi generali, sia la Convenzione che la Direttiva UE 115/208 stabiliscono che tutte le politiche riguardanti i minori debbano fondarsi preminentemente sul principio del “superiore interesse del minore”.
Il fine primario da perseguire, dunque,è il bene del minore ed è questo che deve avere la priorità rispetto ad altri obiettivi quali,ad esempio,il contrasto dell’immigrazione clandestina.
In questo modo, le politiche riguardanti i minori stranieri vengono ad essere sottratte alle logiche di controllo e repressione che governano in generale le politiche migratorie varate dagli Stati.
Spesso,tuttavia, in violazione della Convenzione di New York, le norme e le prassi tendono a far prevalere la logica di controllo su quella del “superiore interesse del minore”.
Per rispettare gli impegni assunti a livello internazionale e le leggi vigenti nel nostro ordina mento è,quindi,necessario che le istituzioni italiane modifichino le norme che regolano lo status dei minori stranieri e le relative prassi in direzione di un’effettiva applicazione di tale principio e di una piena garanzia dei diritti riconosciuti dalla Convenzione sui diritti del fanciullo.
Invero,i minori stranieri che subiscono maggiori violazioni dei diritti sanciti dalla Convenzione di New York sono i minori entrati in Italia clandestinamente.
c. La individuazione di uno status dei minori irregolari e clandestini
Occorre,anzitutto,definire lo status dei minori irregolari e clandestini.
In generale,con il termine clandestini si intendono gli immigrati entrati illegalmente in Italia, mentre l'irregolarità fa riferimento ad una situazione sopravvenuta di perdita del permesso di soggiorno.
Uno degli argomenti più importanti è rappresentato dalla figura del minore straniero non accompagnato irregolarmente presente sul territorio italiano, non richiedente asilo o protezione umanitaria ed emigrato con il sostanziale consenso degli esercenti la potestà genitoriale o comunque non contro la loro volontà.
La questione del trattamento dei minori stranieri non accompagnati è una materia decisamente complessa,perché coesistono molteplici disposizioni disorganiche e in parte contrastanti tra loro, che danno luogo ad enormi difficoltà di orientamento e di conseguenza a prassi giudiziarie disparate tra loro.
Questi ragazzi immigrano sperando in una sopravvivenza decente, con il beneplacito ed il sacrificio ingente, (anche economico) dei loro genitori.
Se da una parte possono essere spinti da una smania consumistica, le ragioni del loro sradicamento sono da ricercare soprattutto nella necessità.
È possibile che qualcuno venga immediatamente attratto da modelli di vita illegali o se li sia già prefigurati prima di raggiungere il nostro paese; ma è più probabile che la maggior parte dei ragazzi stranieri che si rende colpevole di illeciti, lo sia a causa delle difficoltà, degli ostacoli e degli scarsi aiuti che riceve lungo il percorso di ricerca di un inserimento sociale decente e dignitoso: casa, scuola, lavoro, socializzazione, tutela dell'identità.
È rilevante in questo senso il regolamento 535/99, che definisce i compiti del Comitato per i minori, e,per la prima volta,dà una definizione precisa, di questa categoria riprendendo quella della Risoluzione del Consiglio dell'Unione Europea del 1997, si può dire che istituzionalizza questa categoria di minori.
Per quanto riguarda i bambini, al di sotto dei 14 anni di età, il fatto che siano soli in un paese straniero coincide di per sé almeno con la mancanza di assistenza, perché soggetti tanto immaturi hanno bisogno del genitore presente che stia con lui e a lui provveda.
Di qui la prassi di molti Tribunali per i minorenni di aprire la procedura per la dichiarazione di adottabilità, dopo le necessarie ricerche dei genitori o di altri parenti che si trovano all'estero. Questa disciplina non è però sempre applicabile all'adolescente minore straniero che rappre senta la fascia più numerosa presente in Italia.
il minore non accompagnato giunto alla frontiera.
La normativa italiana prevede che sia respinto e rimpatriato senza nessun tipo di tutela.
Infatti il nostro ordinamento non prevede la possibilità per il minore di entrare nel territorio da solo per motivi di lavoro.
Se comunque il minore riesce ad entrare, eludendo i controlli alla frontiera, allora, data la sua posizione di minorenne potrà usufruire di tutta una serie di strumenti che potranno, almeno temporaneamente tutelarlo.
È prima di tutto dal dettato costituzionale che emerge la figura del minore non più destinatario di un generico favor imposto dall'alto, ma titolare di veri e propri diritti soggettivi, perfetti ed azionabili.
Nella Costituzione si rinvengono norme a tutela del minore sia tra i principi fondamentali, artt. 2, 3, sia nella parte relativa ai diritti e doveri dei cittadini, sia nel titolo riguardante i rapporti etico-sociali, artt. 29, 30, 31, e nella parte relativa ai rapporti economici, art. 37; tale complesso di norme tutela il minore come 'uomo',' cittadino', come 'figlio', come 'lavoratore' e mai come personalità da forgiare per renderla conforme ad una astratta morale di stato o della famiglia).
Dopo l'introduzione della legge Martelli che non affrontava se non marginalmente l'aspetto dei minori, è stata determinante la legge 27 maggio 1991 n. 176, che ha ratificato la Convenzione sui diritti dei fanciulli di New York del 1989, tale provvedimento è la più compiuta espressione normativa sui diritti del fanciullo e con i suoi 54 articoli, costituisce un documento complesso. La Convenzione rafforza, per ciò che concerne le modalità formative ed educative del minore, le norme sopra viste della Costituzione italiana, ponendo il superiore interesse del minore quale chiave di lettura circa la predisposizione delle misure da attuare nei suoi confronti.
L'art. 3 afferma che "l'interesse superiore del fanciullo" debba essere la prima considerazione, in tutte le decisioni che lo riguardano e da qualunque soggetto provengono, compresi gli organi legislativi, ribadendo l'importanza di "soddisfare le speciali e specifiche esigenze dell'infanzia e dell'adolescenza";rispetto ad altre esigenze in concorso, le esigenze del minore, potranno prevalere oppure no, ma dopo essere state oggetto di primaria considerazione.
L'art. 20 dichiara il diritto di ogni fanciullo, temporaneamente o definitivamente privato del suo ambiente familiare, ad una protezione e ad aiuti speciali dello stato di origine, e ove esso non li garantisca, alla protezione sostitutiva degli stati parti.
Tale assistenza può realizzarsi, continua l'articolo, attraverso l'affidamento, l'adozione o il collocamento in istituti di assistenza.
Tale visione sottolinea l'importanza di differenziare la posizione del minore straniero da quella dell'adulto, garantendo al minore un diritto all'educazione, formazione, crescita non speculare alla cittadinanza ma concepito come un diritto primario che da essa prescinde e che crea obblighi per lo stato nel cui territorio il minore si trova.
Nel successivo art. 22 si riafferma la priorità del diritto del minore che chiede 'rifugio' alla protezione e assistenza umanitaria nello stato di arrivo; quindi si impegnano gli stati parti ad attivarsi anche "per ricercare i genitori o altri familiari... al fine di ottenere le informazioni necessarie per ricongiungerlo alla sua famiglia".
In materia di protezione dei minori l'individuazione della legge applicabile e della autorità competente avviene in base all'art 42 della legge 31 maggio 1995 n. 218, Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, con riferimento alla Convenzione dell'Aja del 5 ottobre 1961, resa esecutiva in Italia con legge 24 ottobre 1980, n.742
In base all'art. 1 di questa Convenzione le autorità, sia giudiziarie che amministrative, dello stato di residenza abituale di un minore sono competenti ad adottare misure tendenti alla protezione della sua persona e dei suoi beni.
Le autorità amministrative e giudiziarie dello stato di residenza abituale adottano le misure previste dalla loro legislazione interna, come stabilisce la Convenzione del 1961.
Per il minore, dunque, viene prevista una tutela 'forte', che non ammette alcuna distinzione 'per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere'.
Questo significa che al minore straniero in Italia si applicheranno le normali misure di protezione previste dalle nostre leggi.
I minori non accompagnati clandestini
Iminori in una condizione particolarmente problematica sono i minori non accom pagnati, ovvero i minori immigrati in Italia senza i propri genitori.
1.Quali e quanti sono i minori non accompagnati
Vengono tecnicamente definiti “minori non accompagnati” i bambini che, come stabilisce il DPCM 535/99,vivono nel nostro Paese senza avere la cittadinanza italiana (o di altri stati dell’UE) e senza la presenza dei genitori o altri adulti che li assistano e ne siano formalmente responsabili.
Quello dei bambini stranieri soli è un fenomeno cresciuto in modo rilevante nel corso degli anni Novanta assieme all’immigrazione.
Al fine di quantificarlo e monitorarlo è stato istituito il “Comitato per i minori stranieri” (CMS), operativo ormai da dieci anni (art. 33 D.Lgs. n. 286, 25.07.1998).
Secondo i dati più aggiornati raccolti dal CMS, al primo gennaio 2008 i bambini stranieri extracomunitari soli risultano essere oltre 7.500.
Si tratta però di una sottostima,che risente della grande difficoltà sia di individuarne la pre senza sul suolo italiano (tche di solito entrano clandestinamente) sia di accertarne lo status una volta fermati, essendo la grande maggio ranza dei bambini soli sprovvista di documenti.
Save the Children,ad esempio, ha raccolto testimonianze di come in molti casi i minori immigrati al momento dell’identificazione dichiarino di essere maggiorenni sperando così di non essere trattenuti e di trovare poi più facilmente un lavoro.
Va poi considerato che dal primo gennaio 2007 i bambini rumeni e bulgari sono diventati comunitari e quindi non più di pertinenza del CMS, ma la problematicità della loro condizione non è certo risolta.
Al 31 dicembre 2006, quando ancora venivano registrati, i rumeni costituivano ben un terzo dei “minori non accompagnati”, risultando la comunità di gran lunga più rappresentata.
La problematicità dei minori di tale nazionalità appare del resto anche da altre fonti:
nel 2006, ad esempio, su 11.413 minorenni stranieri denunciati, il 38% era rumeno.
Seguivano, a distanza, i provenienti dal Marocco con il 14%(v http://giustiziaincifre.istat.it/).
Peraltro,la distribuzione dei bambini soli per cittadinanza al primo gennaio 2008 non riflette necessa riamente la gerarchia delle presenze straniere adulte.
Le più rappresentate sono soprattutto le provenienze da Palestina, Afghanistan e Iraq, nazionalità queste che non risultano tra le 15 comunità complessivamente più numerose in Italia. Un dato che suggerisce come il fenomeno abbia proprie caratteristiche specifiche.
Va in aggiunta considerato che tra i “minori non accompagnati” prevale ampiamente il sesso maschile (oltre il 90% dei casi), ed è comunque rilevante la quota dei più piccoli (gli under 15 sono un quarto del totale).
2.Cosa facciamo per loro?
Secondo una recente indagine dell’ANCI (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani), sono 1.110 i Comuni che tra il 2004 e il 2007 hanno preso in carico un minore straniero non accompagnato, concentrati soprattutto in Lazio, Emilia-Romagna e Lombardia.
Tra gli aspetti problematici messi in luce vi è l’elevato onere economico sul welfare locale (si stima un costo medio per Comune di circa 170 mila euro) e un quadro normativo definito “complicato e ambiguo”, che rende frammentata e molto diversificata la risposta che a questo delicato fenomeno viene data sul territorio nazionale.
Un ultimo dato che denota la poca efficacia delle misure adottate è anche il fatto che la grande maggioranza dei minori (oltre il 60%) fugge dalle strutture di prima accoglienza alle quali è affidato.
Nonostante quindi i progressi degli ultimi dieci anni, le misure di risposta a questo delicato e complesso fenomeno rimangono insoddisfacenti.
Allo stato attuale, una parte rilevante del fenomeno rimane invisibile, la maggioranza dei minori fermati fugge dai centri ospitanti, i costi per i Comuni sono considerati molto rilevanti, le modalità di azione sul territorio sono molto diversificate conseguenza di un quadro norma tivo poco chiaro.
Dal punto di vista delle risorse, la Legge Finanziaria 2008 del precedente Governo aveva aumentato il Fondo per l’inclusione sociale degli immigrati, che andava a beneficio anche dei minori non accompagnati.
Nel marzo 2008 la Corte Costituzionale (sentenza 50/2008), pur riconoscendone l’importanza e l’utilità, ha però dichiarato incostituzionale tale Fondo perché riguarda materie di competenza locale e non solo statale.
I Comuni dicono di sentirsi abbandonati a se stessi nell’affrontare questo problema e quando lo Stato se ne occupa si trova con le mani legate.
Nel frattempo si consolida il numero di minorenni stranieri ospitati dal sistema penitenziario italiano.
Se il peso degli stranieri sugli under 18 residenti è pari circa al 6%, sono invece di cittadinanza non italiana ben il 60% degli ingressi negli istituti penali per minori
http://www.giustizia.it/minori/
3.Quali sono i problemi del loro inserimento in Italia
Va innanzitutto sottolineato come le norme vigenti tendono ad ostacolare l’integrazione dei minori stranieri:
il permesso di soggiorno “per minore età”, che viene rilasciato ai minori stranieri non accompagnati,attualmente non consente di esercitare attività lavorative e non può essere rinnovato al compimento dei 18 anni, se non quando sussistono determinate condizioni molto restrittive, con la conseguenza che la maggior parte di questi ragazzi dopo aver compiuto 18 anni, anche se hanno offerte di lavoro o frequentano la scuola, diventano clandestini passibili di espulsione.
I minori stranieri non accompagnati si trovano così sempre più emarginati ed esposti ai rischi di sfruttamento nell’ambito del lavoro nero o in attività illegali.
E’ urgente che queste disposizioni, che violano palesemente il principio del “superiore interesse del minore”,vengano modificate, prevedendo che il permesso di soggiorno per minore età consenta di lavorare e possa essere in generale convertito, al compimento della maggiore età, in permesso per lavoro o per studio.
4.Il rimpatrio dei minori non accompagnati
Un problema ancora più rilevante è costituito dal rimpatrio.
I minori in generale non possono essere espulsi; tuttavia, può essere disposto il “rimpatrio assistito” del minore se un organo apposito, il Comitato per i minori stranieri, stabilisce che questo è nel “superiore interesse del minore”.
L’attuale orientamento del Comitato per i minori stranieri, però, è che tendenzialmente tutti i minori non accompagnati di cui si rintracci la famiglia nel paese d’origine dovrebbero essere rimpatriati, ad eccezione dei casi in cui questo comporti gravi rischi per il minore.
Nella maggior parte dei casi il rimpatrio viene eseguito coattivamente dalla Polizia, contro la volontà del minore e in genere anche contro la volontà dei genitori, con modalità molto simili ad un’espulsione e, per di più, senza che il minore abbia effettive possibilità di presentare ricor so.
Inoltre, per molti di questi minori il rimpatrio significa tornare in contesti molto poveri, in cui vi sono scarsissime opportunità di istruzione, di lavoro e di assistenza.
Questa prassi, dunque, non sembra rispondere effettivamente al “superiore interesse del minore”, quanto piuttosto all’esigenza di contrastare l’immigrazione irregolare di minori non accompagnati.
E’ necessario,quindi,che i criteri per decidere se un minore debba essere rimpatriato o restare in Italia siano modificati in modo da consentire una reale valutazione dell’interesse del minore, e quindi che il Comitato per i minori stranieri tenga in considerazione tra gli altri criteri, benché in modo non vincolante, anche l’opinione del minore, l’opinione dei suoi genitori e le condizioni economico-sociali del contesto d’origine.
Inoltre, è necessario che sia garantito al minore l’effettiva possibilità di presentare ricorso contro il provvedimento di rimpatrio.
La Direttiva 115/2008 ha introdotto alcune regole precise anche per l’allontanamento ed il rimpatrio dei minori non accompagnati.
Innanzi tutto dovrà essere fornita un'assistenza adeguata da parte di organismi appropriati diversi dalle autorità che eseguono il rimpatrio.
Inoltre lo Stato comunitario che effettua l’espulsione dovrà accertarsi che il bimbo sarà accom pagnato presso un membro della sua famiglia, un tutore designato o presso adeguate strutture di accoglienza nello Stato di rimpatrio.
I minori irregolari
Oltre ai minori non accompagnati,vi sono poi i minori entrati irregolarmente in Italia insieme ai genitori o per ricongiungersi ad essi.
Nei casi in cui i genitori sono irregolari, la normativa vigente prevede che, in generale, il mino re accompagni i genitori in caso di loro espulsione: anche in questi casi, tuttavia, sarebbe necessaria una previa valutazione del “superiore interesse del minore”.
Inoltre, dovrebbe essere applicata in modo meno restrittivo la norma in base a cui il Tribunale per i minorenni può autorizzare l’ingresso o la permanenza del familiare per gravi motivi con nessi con lo sviluppo psicofisico del minore.
Nei casi in cui i genitori siano regolari, invece, il minore ricongiunto “di fatto” dovrebbe essere trattato come il minore ricongiuntosi regolarmente e quindi ottenere un permesso di soggiorno per motivi familiari: l’adozione di trattamenti più sfavorevoli quali il rilascio del permesso per minore età, come avviene presso alcune Questure, contrasta infatti con il principio del “superiore interesse del minore”.
Inoltre, per garantire il diritto dei minori a vivere con i propri genitori ed attuare il dettato della legge secondo cui in tutti i procedimenti relativi al ricongiungimento familiare si deve tenere conto di tale principio,nonché per ridurre il numero di minori ricongiuntisi irregolarmente, si dovrebbero rendere meno restrittive le condizioni per il ricongiungimento familiare (condizioni relative al reddito, all’alloggio ecc.) e rendere più rapide ed efficienti le relative pratiche burocratiche.
i minori richiedenti l’asilo politico
Un’altra categoria di soggetti è costituita dai minori che chiedono l’asilo politico
Alcuni minori(accompagnati o non accompagnati) all’ingresso in Italia.presentano domanda di asilo.
A seguito alle nuove disposizioni introdotte dalla legge Bossi-Fini,è necessario che siano previste specifiche garanzie per i richiedenti asilo minorenni.
In primo luogo, è necessario che si stabilisca che i minori non possono essere in alcun caso trattenuti nei centri di permanenza temporanea e assistenza, né, in generale, nei centri di identificazione (salvo il caso in cui la minore età sia palesemente in dubbio, e per il solo tempo necessario a verificarne l’età).
In secondo luogo, deve essere chiarito che nei casi in cui la domanda di asilo venga rigettata, il minore non può comunque essere espulso e la decisione sulla sua permanenza in Italia deve fondarsi, come per tutti i minori, sulla valutazione del “superiore interesse del minore”.
Sul punto,merita di essere sottolineato che nel Dicembre del 2006 è stata emanata dal Gover no Prodi una importante Direttiva in tema di asilo politico per i minori che rafforza la presa in carico da parte delle istituzioni.
La direttiva "favorisce la presentazione della richiesta d´asilo e riduce i tempi d´attesa - per il suo affidamento ad un servizio appositamente dedicato - dall´arrivo del minore in Italia fino alla consegna della sua domanda d´asilo da parte del tutore".
L’obiettivo è quello di evitare che il ragazzo scappi e finisca nella rete dello sfrutta mento senza alcuna tutela giuridica ma, soprattutto, che diventi un invisibile".
All´arrivo in frontiera, il minore, dopo la presa in carico del giudice tutelare, il minore sarà subito affidato al Sistema Nazionale di Protezione per Richiedenti Asilo e non ad una struttura qualsiasi come accadeva in passato.
Il Sistema di Protezione, infatti, oltre ad avere una quota di posti che ogni anno vengono destinati alle categorie vulnerabili, ha competenza e formazione per seguire il minore aiutan dolo nella difficile fase di inserimento in un contesto culturale nuovo e diverso.
Inoltre la Direttiva stabilisce,all´art. 1,che al momento dell´arrivo siano subito date al minore tutte le informazioni necessarie sui suoi diritti e le opportunità legali esistenti laddove manifesti la volontà di chiedere asilo.
Finora il minore straniero non accompagnato, anche se richiedente asilo, veniva affidato dalla Questura all´Ente locale, in attesa che gli venisse nominato un tutore.
In principio era,quindi,accolto in una struttura genericamente individuata in base alla disponi bilità sul territorio e solo in un secondo momento era inserito nel Sistema di protezione nazio nale.
Si trattava di una fase delicata perché, in attesa della nomina di un tutore da parte del giudice tutelare e che il ragazzo fosse assegnato ad una struttura del Servizio di Protezione Nazionale, trascor revano alcuni mesi e spesso si verificava che il minore scappasse e faccesse perdere le sue trac ce.
La direttiva contribuisce,quindi,ad individuare percorsi e luoghi di aiuto ai minori stranieri, assi curando che i tempi di intervento in loro favore siano rapidi per fornirgli, così, la tutela di cui hanno bisogno.
La direttiva prevede che il minore solo venga informato subito della possibilità di presentare domanda d'asilo anche con l'aiuto di mediatori culturali, interpreti e opuscoli in lingua.
Se manifesta questa intenzione, la procedura di protezione parte immediatamente, prima che venga materialmente presentata la domanda.
La Questura affida infatti il ragazzo al Comune in cui si trova perché venga inserito nel Sistema centrale di protezione per richiedenti asilo e contemporaneamente informa Tribunale dei minorenni e il giudice tutelare perché venga nominato un tutore.
In questo modo il minore potrà essere seguito da subito dai servizi sociali fino alla presen tazione della richiesta d'asilo, grazie alla quale otterrà dalla Questura un permesso di soggiorno.
Naturalmente, se nel corso di questa procedura il tutore non conferma la domanda d'asilo, o questa viene rigettata dopo la presentazione,il ragazzo non viene abbandonato.
Pur uscendo dal sistema di protezione per richiedenti asilo è,infatti,affidato alle strutture che si occupano di minori stranieri non accompagnati.
d.le norme italiane in materia di protezione del minore.
Prima di tutto occorre che il minore straniero abbia ‘residenza abituale’ in Italia.
Atteso che la Convenzione dell’Aja del 1961 non contiene una definizione delle misure tendenti alla protezione del minore, né una elencazione esaustiva o indicativa,si debbano intendere icompresse nell’ambito della Convenzione: la tutela, artt. 343 e seguenti del codice civile, gli interventi urgenti di protezione della pubblica autorità, art. 403 codice civile,i provvedimenti giudiziari relativi all’esercizio della potestà genitoriale, infine artt. 330 e seguenti del codice civile, e altri ancora.
Sono inoltre applicati gli affidamenti eterofamiliari artt 2-5 della l. 184/83 sull’adozione e l’art 37che dichiara applicabile al minore straniero in condizione di abbandono in Italia la legge italiana in materia di adozione di affidamento e di provvedimenti necessari in caso di urgenza. Molto importante è anche l’art. 371 c.c. che demanda al Giudice Tutelare il compito di stabilire il luogo in cui il minore sottoposto a tutela deve vivere e che, rispetto ai minori stranieri non accompagnati è stato per analogia interpretato da alcune realtà locali, come attribuente all’autorità giudiziaria la valutazione dell’interesse o meno del minore a rimanere in Italia o ad essere rimpatriato.
Dall’esame della situazione del minore solo in Italia, emerge come negli anni successivi alla legge Martelli, la disciplina che si applicava a tali minori fosse complessa ed eterogenea.
In quegli anni, grazie all’intervento molto pressante dell’autorità giudiziaria, si ottenne che il nostro paese portasse l’attenzione sui minori stranieri in generale, al di là dell’esistenza sul nostro territorio di un genitore o di un familiare regolare.
Prendendo spunto dal complesso quadro normativo, dalla prassi giudiziaria così come dalle esperienze di collaborazione tra diversi contesti locali, nel corso del 1994, le autorità centrali del Ministero dell’Interno, di quello di Grazia e Giustizia e del Lavoro decisero di avviare una serie di incontri e discussioni che condussero all’emanazione di circolari. Si tentava così di regolamentare in modo uniforme sul territorio nazionale la questione del trattamento dei minori stranieri non accompagnati.
In base a tali circolari amministrative, all’autorità di polizia veniva sottratto ogni potere di determinazione sulla condizione ed il trattamento del minore, demandando all’autorità giudiziaria minorile il difficile e delicato compito di individuare la soluzione più confacente agli interessi supremi del minore richiamati dalla Convenzione Internazionale sui diritti del fanciullo.
Significativa in questo senso è la circolare n. 67 del 16 giugno 1994 del Ministero del Lavoro, grazie alla quale viene riconosciuto il diritto al lavoro del minore straniero ultra-quindicenne. Tale provvedimento stabiliva le condizioni e le procedure da seguire per l’accesso al lavoro di minori extracomunitari in stato di abbandono in Italia, prescindendo dalla iscrizione del minore stesso nelle liste di collocamento.
Venendo, poi incontro a ragioni di carattere umanitario, con una successiva circolare del 23 settembre 1995 del Ministero del Lavoro, si consentì la possibilità per il minore straniero non accompagnato e sottoposto a tutela, una volta raggiunta la maggiore età, di rimanere in Italia, usufruendo delle iscrizione alle liste di collocamento, alla pari degli altri cittadini stranieri regolarmente soggiornanti in Italia per motivi di lavoro anziché essere sottoposto al provvedimento espulsivo. Sebbene le autorità a livello locale applicassero spesso i provvedimenti amministrativi in maniera discrezionale e disomogenea, risulta dal quadro fatto, che in linea generale, erano state poste le basi nel trattamento dei minori non accompagnati per un superamento della logica delle espulsioni a favore di una logica alternativa di accoglienza ed integrazione. Vedremo più avanti come questo orientamento, troverà conferma con la L 40/98 ma non, almeno appare, con i decreti attuativi della legge stessa.
e.L’intervento della Giustizia minorile
Da questa analisi sembra che le soluzioni più opportune da adottare nei confronti del minore straniero non accompagnato, anche nel senso del rimpatrio o della sua permanenza in Italia, siano di competenza dell'Autorità Giudiziaria minorile.
Tale convinzione appare oggi messa in discussione per effetto di nuovi strumenti normativi, che dovrebbero trasferire la competenza all'autorità amministrativa; infatti tale materia pare ora sotto il controllo del Comitato per i minori stranieri istituito dalla legge n. 40/98, così come è stata modificata dal d.lgs. 113/99, al quale spetta adottare il provvedimento di rimpatrio del minore straniero non accompagnato, previo eventuale nulla osta del tribunale per i minorenni qualora sia instaurato un procedimento giurisdizionale nei suoi confronti.
f.L’accattonaggio minorile in Italia
Uno degli aspetti più frequenti in cui i minori che giungono in un paese europeo, come l’Italia, vengono sfruttati è l’accattonaggio.
Essa è una delle più antiche forme di profitto che vede l’impiego dei minori e una delle forme più vergognose in cui un bambino viene sfruttato.
Il triste fenomeno dell’accattonaggio minorile in Italia ha inizio verso la metà degli anni Ottanta e vede inizialmente l’utilizzo di minori slavi Rom e successivamente di bambini marocchini, impegnati a chiedere l’elemosina e a lavare i vetri delle auto ai semafori.
Oggi,accanto a queste 3-4.000 presenze, si sono aggiunti minori albanesi che sembrano far parte di un vero e proprio racket, dipendente da organizzazioni dedite all’immigrazione clande stina, e che si occupano di inserire questi minori in Italia.
Secondo l’Osservatorio sul lavoro minorile, in Italia, sono più di 8.000 i bambini, per lo più stranieri, sfruttati e costretti a mendicare dal racket; mentre, per il Dossier Fides, sarebbero circa 20.000 i piccoli accattoni presenti in Italia, di cui solo 8.000 popolerebbero la Regione Lazio.
Altre fonti, invece, sostengono che il fenomeno è troppo fluttuante per offrire stime scienti fiche,infatti,non esistono uffici pubblici, né del volontariato sociale, che riescano a quan tificare in maniera palmare l’accattonaggio in Italia.
g.le cause del fenomeno
Due sarebbero le cause legate all’inasprirsi di questo fenomeno.
Innanzitutto, l’aumento dei flussi migratori verso l’Europa.
I principali paesi d’origine, infatti, dei flussi di tratta verso l’Italia per motivi di accattonaggio sono: Romania, Albania, Moldavia, Bulgaria e Marocco.
Moltissimi minori stranieri,poi,vengono abbandonati e di conseguenza sono facilmente preda di chi li intende sfruttare. Secondo il Dossier Fides, dal 2000 al 2005, sono stati identificati ben 50.000 minori stranieri abbandonati.I piccoli coinvolti sono: bambini di nazionalità romena (39%); marocchina (22%); albanese (15%); dell’Europa orientale e del Nord Africa (24%).
Nella maggior parte dei casi, si tratta di adolescenti al di sopra dei 15 anni (81%) e la loro presenza è più numerosa in Lombardia (23%) e nel Lazio (16%).
La seconda causa, invece, riguarda gli elevati guadagni legati all’accattonaggio che porta il giro d’affari delle organizzazioni criminali a circa 500 milioni all’anno.
Infatti, ogni bambino può rendere circa 100 Euro al giorno.
I bambini impiegati possono essere sia piccolissimi come pure disabili.
In particolare,i minorenni di etnica albanese e rumena, vengono “affidati” dalle proprie famiglie a organizzazioni criminali, di origine balcanica,che si occupano della loro “collocazione” in Italia.
Così, nelle strade della capitale, si ritiene che i piccoli costretti all’accattonaggio, oscillino dai 300 ai 400 ed in prevalenza sono proprio stranieri.
Elevato, comunque, è anche il loro sfruttamento al Nord Italia, soprattutto, di bambini provenienti dalla Romania e dal Marocco.
In certi casi, poi, rimangono totalmente privi di istruzione, a meno che non frequentino regolar mente la scuola e vengano costretti a mendicare nel pomeriggio.
Di fatto,sono ridotti in schiavitù.
Secondo i dati forniti dal citato Dipartimento di Polizia criminale per i minori, a Latina, si è registrato un aumento sia delle denunce, che dei denunciati, pari al 200%; a Taranto del 1.500%; a Lecce dell’800%; a Ragusa del 600% e a Siracusa del 700%. Al contrario, nel Trentino Alto Adige, si è avuta una riduzione del 25%, in Liguria del 40%, in Calabria del 71,4%. Rimini, Teramo e Siena, invece, registrano un calo del 50%; e Terni e Benevento un -70-80%13.
L’azione di repressione contro gli sfruttatori, poi, non sempre si rivela adeguata.
Innanzitutto, i baby mendicanti vivono in un clima di omertà e di paura che rendere difficile
capire dove dormono, cosa mangiano, a chi sono affidati, quante ore vengono tenuti in strada,
nonché provare i maltrattamenti che subiscono.
Lo stesso inserimento dei minori in comunità, case di accoglienza e istituti minorili è reso difficoltoso dalla carenza di strutture e dall’ostilità delle famiglie di origine dei ragazzi, nonché di questi ultimi, restii ad adattarsi ad una vita regolata e organizzata, pronti ad allontanarsi dai luoghi di ricovero.
La mafia albanese è nota per la violenza esercitata sui bambini che vengono ceduti ai trafficanti dalle famiglie e diventano schiavi: sono malnutriti, vestiti di stracci e mandati a chiedere l’elemosina, per attirare la pietà della gente.
Se al termine della giornata non hanno raccolto il minimo previsto, sono intimoriti e percossi.
Spesso, per non incorrere in queste pene, la persona che usa il minore nell’accattonaggio non è un parente oppure lo si manda per strada da solo, minacciandolo di punizioni se non porta a casa i soldi.
Tali accorgimenti sono frequenti tra i nomadi e non sono purtroppo rari i casi in cui i bambini vengano appositamente storpiati per suscitare pietà.
Accade anche che i piccoli siano addirittura imbottiti di sedativi, affinché stiano buoni e tranquilli in braccio alle madri che chiedono l’elemosina sui marciapiedi.
Questi bambini maltrattati da grandi diverranno a loro volta “capetti”, ricreando il circolo dello sfruttamento.
h.le altre forme di sfruttamento e la giurisprudenza
Accanto all’attività di accattonaggio sono connesse altre attività delittuose a cui i minori sono obbligati: furti, spaccio di stupefacenti, sfruttamento sessuale; oltre al fatto che, i piccoli, sono forzati a vivere per strada, in stato di malnutrizione, costantemente soggetti a percosse se non guadagnano quanto imposto o non ubbidiscono ai loro sfruttatori.
Alcuni bambini invece vengono “trattati meglio”: sono quelli destinati ai pedofili.
La possibilità di un loro rimpatrio risulta spesso molto difficoltoso per la mancanza di documenti di identità, per l’ostilità da parte della famiglia d’origine ma soprattutto perché l’accattonaggio “rende” intorno alle ex 150.000 lire al giorno di cui buona parte va all’organizzazione, un’altra alla famiglia e circa ex 10.000 lire rimangono al minore.
Nel 1998, nella regione Lazio, sono state 4.523 le denunce di casi di sfruttamento minorile di diverso tipo (prostituzione, delinquenza, mendicità, etc.).
Ciò sottolinea la necessità, in tutta la nazione, di interventi mirati e definitivi nei confronti di questa forma di sfruttamento dei bambini, nel rispetto di tutti i diritti enunciati nella Convenzione ONU a favore dell’infanzia.
Una sentenza della Corte costituzionale del 1997 ha dichiarato che è lecito elemosinare e mendicare, ma è reato utilizzare a questo fine un minore di anni 14 (come ha ribadito una sentenza -forse la prima in Italia- nei confronti di una donna Rom, emessa dalla pretura di Terni).
Se il minore è sottoposto all’autorità o alla custodia di chi mendica, la pena prevede l’arresto da 3 mesi ad 1 anno. Se il fatto è commesso dal genitore, la condanna comporta la sospen sione dell’esercizio della potestà e può dar luogo all’apertura di un procedimento per l’adozione del minore (art. 671 del Codice Penale).
Di recente,La Suprema Corte ha attestato un duro colpo allo sfruttamento dei c.d. baby mendicanti affermando con chiarezza l’applicabilità del carcere preventivo per chi sfrutta i minori mandandoli sulla strada a chiedere l'elemosina.
Lo ha stabilito la Cassazione,sezione V penale, con Sentenza n. 43868 del 9 novembre 2005 - depositata il 1° dicembre 2005 (Presidente B. Foscarini, Relatore A. Alfonso)(1) che, nel confermare la custodia cautelare in carcere disposta dal GIP nei confronti di Robert M., 34enne indagato per avere sfruttato l'accatttonaggio di minorenni, ha chiarito che ''la finalità di sfruttamento non e' esclusa dall'eventualità che un margine degli introiti dell'accattonaggio vada a beneficio delle persone offese dal reato''.
La Suprema Corte, decidendo in relazione ad caso in cui era stato contestato all’imputato il reato di cui all’art. 600 c.p., per aver ridotto in schiavitù e sfruttato per l’accattonaggio dei minori e degli handicappati, ha affermato che la finalità di sfruttamento, che distingue il suddetto reato da altre forme illegali di inibizione della libertà personale, non è esclusa dall'eventualità che un margine degli introiti dell'accattonaggio vada a beneficio delle persone offese dal reato.
Determinante ai fini della decisione e' apparso,invece,lo stato di soggezione in cui queste ultime versino essendo sottoposte all'altrui potere di disposizione che si estrinseca nell'esigere, con violenza fisica o psichica, prestazioni sessuali o lavorative, accattonaggio o altri obblighi di fare.
Invano la difesa del Sig.Robert. M., per il quale il Tribunale della Liberta' di Firenze, nel marzo 2005, aveva disposto il carcere preventivo si e' rivolto alla Suprema Corte, sostenendo che non si poteva parlare di sfruttamento dal momento che i minorenni ''traevano utili dall'accat tonaggio''.
Sulla scorta delle suddette motivazioni la Suprema Corte ha,quindi,dichiarato 'inammissibile' il ricorso dell'uomo che resta dunque in carcere con l'accusa di avere sfruttato i baby mendicanti.
La decisione appare pienamente in linea con l’orientamento già espresso in materia della Suprema Corte che lo scorso anno,aveva confermato una sentenza in tema di abbandono di minori ad un anno e a due mesi di reclusione ad una zingara, Zumra H., colpevole di avere abbandonato i tre figli minori, con meno di 14 anni (uno aveva solo due anni), a chiedere l'elemosina sul marciapiede di via XX Settembre a Genova.
La donna,condannata dalla Corte d'appello di Genova, nel maggio 2003, aveva proposto ricorso in Cassazione chiedendo le attenuanti generiche.
La Quinta sezione penale,con sentenza n. 7556/05 aveva,invece, respinto il ricorso, sottolinenan do la legittimità della decisione dei giudici di merito che avevano rilevato ''la consapevolezza dell'imputata di avere abbandonato i tre figli'' e che ''la precocità dei bambini nomadi non si attaglia va ai soggetti passivi del reato, segnatamente al bimbo di due anni che, lasciato libero dai fratellini, non era in condizioni di provvedere a se stesso, girovagando a pochi passi dal passaggio continuo dei veicoli''.
Due sentenze lapidarie che fanno riflettere sulla condizione umana dei minori sfuttati agli angoli delle strade.
Il fenomeno più evidente di sfruttamento dei minori è rappresentato dai bambini che, soprattutto nella zona centrale o vicino alle stazioni, vendono ogni genere di mercanzia e che vengono definiti "baby mendicanti".
Spugnette,accendini e fazzolettini costituiscono la loro merce di scambio, venduta nei parcheggi o ai semafori: qualcuno compra, spesso vengono allontanati con fastidio, ma pochi si chiedono cosa ci facciano lì e chi li sfrutti ovvero denuncino alle Autorità l’illecito sfruttamento.
Da alcuni anni,ormai, gli investigatori delle varie Procure della Repubblica stanno cercando di scoprire chi siano gli adulti a capo di questa organizzazione.
Un lavoro di "intelligence", di indagine, difficile e faticoso: il reato ipotizzato è quello di "riduzione in schiavitù".
L'inchiesta non è facile anche per il clima di omertà e paura in cui vivono i bambini, soprattutto per provare i maltrattamenti che subiscono.
i.Conclusioni
Il traffico di esseri umani e' ormai un problema su scala mondiale che coinvolge ogni anno almeno 1.200.000 minori al di sotto dei 18 anni.
La ''materia prima'' si trova nei paesi poveri ed è costituita da una umanita' indifesa e tradita sfruttata da associazioni criminali e che costituisce gli schiavi del XXI secolo, un numero di ragazzi in aumento, soprattutto in alcune regioni del mondo.
Una rete di vendite e spostamenti che rende 1,2 miliardi di dollari l'anno, come altri tipi di traffici illeciti, dalle armi alla droga.
Occorre un maggior rispetto delle leggi, maggior controllo ed assistenza nei confronti delle fami glie disagiate ed una mirata informazione all’opinione pubblica sul fenomeno.
Chiedere elemosina significa stare per strada ogni giorno, non frequentare la scuola, non gioca re, non socializzare con altri coetanei.
Significa obbligare il bambino ad una vita che non gli appartiene e obbligarlo a non credere in un futuro migliore.
Significa annientare i suoi diritti.
La mendicità non è più considerata un atto illecito ma quando tocca i bambini essa diventa dolorosamente intollerabile.
I bambini mendicanti sui marciapiedi di città piccole e grandi non vanno a scuola, non giocano, dormono dove capita,vivono ai margini tra denutrizione, malattie, maltrattamenti, sfrutta mento.
Per questi bambini l'infanzia è un'esperienza breve e spesso crudele.
Di fronte a quelle mani tese che dicono “ho fame”, non rispondiamo con qualche spicciolo, per lavarci la coscienza: così facendo non li liberiamo certamente dalla schiavitù alla quale sono costretti, non li liberiamo da nulla.
Ricordiamoci allora che dietro a quelle mani ci sono organizzazioni criminali che li sfruttano dopo averli rapiti o comprati, riducendoli in schiavitù, annientandone la dignità.
Al posto del denaro diamo loro qualcosa da mangiare, non avremo così il “dubbio” di aver “contribuito” al racket dell’accattonaggio,che genera emarginazione.
Secondo l’ultimo Rapporto del Segretario Generale dell’ONU, presentato a New York e a Roma dall’Unicef e dall’Oms, la violenza sui minori è un fenomeno che accomuna tutti gli stati del mondo.
Almeno 54 mila minori sono stati, infatti, uccisi nel 2002; 223 mila costretti a rapporti sessuali o comunque a contatti fisici forzati; 218 milioni di bambini sono lavoratori, di cui 126 milioni coinvolti in attività rischiose, 5.7 in lavori forzati o imposti per estinguere il debito contratto; 1.8 milioni sono vittime del giro della prostituzione e della pornografia; 1.2 risultano essere vittime del traffico di esseri umani; e tra i 100 e 140 milioni di ragazze hanno subito una muti lazione genitale.
Tale violenza, spesso, rimane nascosta e socialmente accettata e per molti bambini è una routi ne.
Nella maggior delle volte è commessa da persone di cui i bambini si fidano e comprende la violenza fisica, psicologica, la discriminazione, l’abbandono e il maltrattamento.
La grande differenza tra maschi e femmine è che, i primi, sono più a rischio di violenze fisiche rispetto alle femmine, le quali sono invece più soggette a violenze sessuali, abbandono ed induzione della prostituzione.
Non esistono uffici pubblici né del volontariato sociale che riescano a quantificare in maniera palmare il fenomeno nel nostro paese.
L'unica certezza è sulla nazionalità: sono quasi tutti immigrati stranieri.
Difficile è anche scoprire quante ore i bambini vengono tenuti in strada,dove dormono,dove mangiano, a chi siano affidati.
Ma l'altro problema è rappresentato dalla scarsità di posti di ricovero per questi bambini che vengono strappati ai loro padroni.
Una questione che la legge non risolve, anche perché, minori di 14 anni, non possono essere espulsi.
Per poterli rimpatriare è necessario rintracciare i parenti nel paese di origine e, nel caso in cui siano consenzienti al ritorno del minore, affidarli a loro.
Risulta che molti bambini frequentino regolarmente la scuola e nel pomeriggio vendano spugnette e accendini per aiutare la famiglia rimasta nel Paese di origine.
Aiutare la famiglia è,quindi,uno dei motivi principali per il quale i bambini vivono situazioni di sfruttamento e schiavitù come nel caso di molti bambini della comunità cinese, che lavorano 12, 13 ore al giorno su una macchina per cucire, in laboratori semiclandestini dove cinesi sfruttano altri cinesi che, per emigrare devono farsi anticipare somme che poi dovranno restituire a parenti e amici che sono già qui.
Ma addossare la colpa di queste situazioni unicamente sulle spalle dei genitori o delle comu nità straniere sarebbe un errore.
Tali comportamenti sono tipici in presenza di un mercato selvaggio, basato unicamente sul prezzo come elemento di concorrenza.
E' il cosiddetto mercato globale che, organismi internazionali come l'Unicef, additano come fonte di sfruttamento e schiavitù.
In questo desolante scenario spesso il bambino viene reificato, ridotto ad una ''cosa'', a ''mer ce'', merce che e' per molti adulti - come riferisce il dossier della Fides, un buon affare e basta.
Dinanzi al dilagare del fenomeno,è giunto il momento per la istituzione in Italia di un Osservatorio Nazionale per i Minori Immigrati che, da una parte, affronti il problema della criminalità minorile straniera e dall’altro si occupi di apprestare gli strumenti di intervento in una materia così delicata che affligge la nostra società contemporanea.
Non bisogna dimenticare che i minori stranieri non accompagnati sono tre volte vulne rabili:
perché minori, stranieri e soli !...
Cava dei Tirreni, 24 Aprile 2009
** Presidente
ANIMI Onlus