mercoledì 13 maggio 2009

Lirica dei Migranti


mercoledì 1 aprile 2009 alle ore 7.43


e’ accecante quel luogo
orfano di verde
di costa accurata geografia pietrosa
impatta il mare
muove con pigro beccheggio tra l’Africa e L’Europa
spianate e scogli
assolate pesanti ancora di miraggi
sedimenti si aggiungono a basalti
risalgono su per la fornace
nascosto imbuto fluente viscera abissale
vorrei su quel monte
il più alto
urlare per quei sordi idioti
che chiudono rinserrano in centri detentivi
uomini

*
questa notte a Lampedusa c'e' silenzio
appena mosso da marosi
che sfiorano i lineamenti densi dei migranti
assopiti da tanto sforzo del mattino
a dichiarare vergogna!
tra le coperte e i corpi abbandonati
materassi a spugna
e coperte di lana grossa militare sintetico calore
sogni muti che si alternano a lamenti
o sgorghi liquidi tra occhi
singhiozzi
e fugaci abbracci
un’aurora sottile leggera fugace luce
rischiara lentamente le labbra asciutte
e mai baciate


*
mi appoggio sullo scalino piu' basso
in attesa
freddo marmo lapide graffite
contemporaneo mosaico visivo
borsoni enormi al mio fianco.
sacche capienti contenitori del desiderio
quel volto scuro
stanco
tagliato
disegno primitivo e ligneo
sbarra occhi alla stanchezza
labbra all'arsura invernale
jeans rovinati dall'usura come pigiama notturno
in quella piccola stanza
gelida ma piena di respiri
bagnati umidi
i piedi toccano la notte
sorrido
desiderando una mano

*

eppure la notte non riscalda
nemmeno con la stufa
canna cordone ombelicale
stretti tra corpi
nodosi ebani africani
che composti in ordine costretto
si abbracciano come virgole d'amanti
lavoratori della terra o delle costruzioni
o dei metalli
il ferro poi la ghisa
con quelle dita
martello e vanga insieme
mattina su per la brina con passi forti
e l’alito caffe’
li vedo in fila
su panche finte e stelle che all’orizzonte
ardono in brillii di latta opaca
stretta di un bicchiere
ritrovato
ma non di vetro

*

ritornano a mangiare pasti svelti
qualche pane con pezzi di formaggio
dell'acqua chiara in bicchieri di fortuna
e’ anche pelle nera che si affaccia
su quel buco basso
che traccia in volto
la stanchezza e l’abbandono
le nuove baraccopoli
come luna park improvvisati
lungo corsi d'acqua bruni
fetori angusti per i canali marci
nelle periferie senza radici e senza fiori
le scuole fredde e gli intonaci umidicci
accolgono risa inconsapevoli
si scorge un cielo terso
abbagliante e limpido
che come sudario candido
avvolge i nuovi uomini
forse senza speranza

*

e' una catena lunga
avambracci gomiti e polsi
stretti come reti da pesca
losanghe a fuso
ancora tremanti dal freddo
qualche lamento grido
a ridosso di pezzi
resine bianche di scafi a punta
rotti dal peso
confusi arti
e vento che sferza le guance
che lacrimando
riempiono il mare
forse una nave
o qualche scialuppa
come terra promessa

pino de stasio




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